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Karzai dichiarato vincitore, ma l’Europa protesta: troppi brogli

Ci è voluto quasi un mese perché la commissione elettorale completasse i conteggi e fornisse i risultati delle presidenziali afghane. E alla fine tutto è ancora in alto mare. Perché è vero che al presidente uscente Hamid Karzai è stata attribuita una maggioranza assoluta del 54,6 per cento, ma è anche vero che i ricorsi sulla legittimità del voto in almeno un seggio su dieci fanno sì che al momento si possa parlare unicamente di «risultati preliminari».
Tradotto in termini più spiccioli, ci sono pesanti sospetti sulla legittimità della vittoria di Karzai, che si sarebbe ampiamente avvantaggiato di brogli condotti su larga scala, al netto dei quali potrebbe ritrovarsi al di sotto della soglia del 50 per cento necessaria per evitare il ballottaggio con il secondo classificato.
Le ricadute politiche internazionali di questi sospetti minacciano di essere molto gravi, perché i sostenitori occidentali dell’Afghanistan stanno perdendo la pazienza con Karzai: ieri gli osservatori inviati dall’Unione Europea sono andati ben oltre le stime della commissione elettorale afghana e hanno affermato che un milione e mezzo dei 6 milioni di voti espressi il 20 agosto (dunque il 25 per cento e non il 10) sono «sospetti». Di questi, 1,1 milioni sono voti attribuiti a Karzai: in sostanza più di un terzo dei voti da lui ufficialmente ricevuti potrebbero essere truccati.
«Non stiamo dicendo che ognuno di questi voti deve necessariamente essere fasullo», ha detto il capo degli osservatori della Ue Philippe Morillon a Kabul. «Non abbiamo alcuna intenzione di scegliere noi il prossimo presidente dell’Afghanistan», ha aggiunto, «ma ci rifiutiamo di essere complici di un qualunque tentativo di frode su vasta scala».
Una denuncia forte, che ha provocato la risentita reazione del campo del presidente uscente: gli osservatori europei sono stati accusati di essere «degli irresponsabili», perché «solo la commissione designata dall’Onu può esprimere giudizi» sulla validità del voto. Devono quindi «astenersi dall’interferire», hanno rincarato gli uomini di Karzai, che non hanno perso tempo per cercare di mettere subito le mani sul risultato desiderato: «A meno di un miracolo, Karzai ha vinto le elezioni», ha detto il portavoce presidenziale.
Bruxelles non ha voluto reagire alle ingiunzioni di Karzai agli europei di farsi, in bella sostanza, gli affari propri. Un comunicato dell’esecutivo della Ue ricorda però che «il processo elettorale potrà dirsi concluso quando tutte le denunce di irregolarità saranno chiarite» e le dichiarazioni uscite martedì dal consiglio dei ministri degli Esteri dei Ventisette sulla richiesta della comunità internazionale di avere in Afghanistan un «risultato elettorale credibile» per il quale le due commissioni afghane competenti «devono prendersi il tempo necessario».
La questione della credibilità delle elezioni, e quindi delle istituzioni afghane, comincia insomma a diventare delicata. I governi dei Paesi occidentali le cui forze armate pagano ogni giorno un prezzo di sangue in Afghanistan si rendono conto che diventa difficile giustificarlo in patria se in cambio si ottengono elezioni truccate e istituzioni corrotte.
E questo è un problema politico che rischia di diventare molto imbarazzante soprattutto negli Stati Uniti e in Gran Bretagna: non a caso ieri il Times chiedeva in un editoriale «adeguate investigazioni sulla evidente frode elettorale in Afghanistan». Il presidente americano Obama deve poi gestire una situazione complicata: ha scommesso sul rilancio della missione militare Usa in Afghanistan, ma deve fare i conti con un’opinione pubblica che vi è sempre più ostile. E certo non lo aiuta il fatto che Peter Galbraith, l’americano vice capo della missione Onu in Afghanistan, abbia lasciato Kabul dopo una lite con il suo superiore, il norvegese Kai Eide, su come gestire i risultati delle elezioni presidenziali dopo le denunce dei brogli.

Martedì Obama ha detto che «l’Afghanistan non è il Vietnam», ma ieri ha aggiunto di non prevedere «decisioni immediate» su eventuali aumenti di truppe.

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