Cultura e Spettacoli

L'«altro mondo» di Muccino conquista anche gli americani

È uscito il secondo film di Silvio Muccino, «Un altro mondo». In 300 sale farà la corsa contro i «cinepanettoni» di Natale. Il regista: «È un vero film natalizio, alla Frank Capra. Ti scalda un po' il cuore. lo lo vedo come un "About a boy" ai tempi di Obama».

«Gli americani hanno posto grande attenzione su Silvio. Lui è uno che, crescendo, la testa se la sta smontando e non montando. Ha una grandissima mano per la regia, in un paese in cui di solito si sta più attenti al racconto, lui ha un gusto nello girare che non passa inosservato». Ecco le lusinghiere parole con cui il coproduttore Riccardo Tozzi (oltre a Cattleya ci sono, appunto, «gli americani», Universal) introduce Silvio Muccino, alla sua opera seconda, «Un altro mondo». Uscita natalizia, il 22 dicembre, con 300 copie, contro i cinepanettoni. «Noi abbiamo fatto un film senza neanche mai immaginare un'uscita natalizia - rileva infatti Muccino jr. - per certi versi lo trovavamo molto coraggioso e rischioso. Quando me l'hanno detto ho dato loro dei pazzi: e loro m'hanno risposto che questo è un vero film natalizio, alla Frank Capra. Ti scalda un po' il cuore». «Non so - prosegue - io lo vedo come un «About a boy» ai tempi di Obama, anche se un mio macchinista m'ha smontato dicendo "al massimo «Piedone l'Africano»". È una fotografia attuale della società di oggi, di questo mondo, che parte dalla terra d'origine di Obama, il Kenya, e parla di un'amicizia tra un ragazzo bianco e un bambino nero». Silvio Muccino è Andrea, figlio di papà (scappato?) che si concede stravizi, una donna bella e complicata (Isabella Ragonese) e un amico più debosciato di lui (Flavio Parenti). Muore il padre degenere, e lui va in Africa per l'ultimo saluto. Non riesce a darglielo ma, in compenso, il genitore gli lascia un fratellino. Che lui, volente ma soprattutto nolente, si riporta a Roma. «Non mi sento né un regista né un attore, sono profondamente innamorato del cinema e delle sue storie, delle sue sfide che voglio sempre cogliere al volo. E Michael Rainey Jr. (il bimbo in questione) è una di queste. Michael ha una facilità d'espressione meravigliosa, anche senza dire una parola. Ricordo quando l'ho visto in un videoclip di Tiziano Ferro: lui camminava e da solo illuminava New York. Sul set imparava solo il suono della parola, poi andava a memoria (i suoi dialoghi sono in italiano). Ho avuto il piacere di scoprire uno di quei talenti meravigliosi alla Dakota Fanning». E Michael sorride e nel suo italiano buffo dice «Silvio è una persona simpaticissima. Qui ho trovato tanto amore, tante cose belle e fighe». Muccino confessa le molte incertezze dietro «Un altro mondo»: «Mi terrorizzava questo ruolo, abbiamo scritto la sceneggiatura per un anno e mezzo e mi chiedevo continuamente se ne ero all'altezza. E poi dovevo recitare con un bambino e dirigerlo, qualcosa di molto difficile. E lì ho capito che avevo bisogno di lasciare aperta la porta dell'improvvisazione, sapere sempre far fronte a quello che accadeva, far accadere la vita. Non cercavo la performance, non avevo l'ansia di controllo di Parlami d'amore. Mi sono sentito più spalla che protagonista. Con lui e con tutti». E sul doppio ruolo attore-regista dice che non sa «se sarà il modello con cui continuerò a confrontarmi.

Dipenderà dalle storie».

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