Politica

L’INUTILE BIPOLARISMO

Difficile fare previsioni sul nostro futuro, anche perché solo un fatto inaspettato e di grande peso politico può sconvolgere il regolare decorso degli eventi. Pertanto atteniamoci ad una certa regolarità del processo storico.
Il nostro sistema politico è ingessato, ingessato dal mitico bipolarismo al quale tutti i principali esponenti politici credono e pertanto ad esso si conformano nell’azione.
Il bipolarismo di fatto esiste nei Paesi dove esistono due partiti, come in Inghilterra o negli Stati Uniti, ma in Italia esistono solo due coalizioni, ciascuna delle quali è composta da più partiti.
Il sogno di Prodi e di Berlusconi è quello di trasformare le rispettive coalizioni in veri partiti politici o - come dicono - in soggetti politici. È da tempo che se ne parla, ma anche recentemente a destra la Lega (Umberto Bossi) e l’Udc (Pierferdinando Casini) hanno manifestato di agire ormai in libera uscita.
L’Unione, della quale il premier Prodi dovrebbe essere la sintesi unitaria, di fronte ad ogni problema mostra le sue profonde crepe e di fatto ha combinato assai poco. Ma sul piano della cultura e dei valori politici un abisso separa i massimalisti (Bertinotti, Diliberto, Di Pietro, Pecoraro Scanio) dai riformisti.
Un tempo di fronte ad una realtà pluripartitica si parlava di un «giusto mezzo» fra due partiti collocati all’estremo del sistema politico a cui orientarsi, un giusto mezzo magari orientato a sinistra. Il primo a teorizzarlo è stato il liberale Benjamin Constant per uscire da un lato dalla Rivoluzione e dalla spietata dittatura dei giacobini e dall’altro dal pericolo di una dura restaurazione monarchica. La politica del giusto mezzo ha caratterizzato la storia d’Italia nei suoi momenti migliori da Cavour a Giolitti e De Gasperi.
È difficile si convertano a questo principio Berlusconi e Prodi: sono due leader anziani (il primo di 70 anni, il secondo di 67 anni) e tutta la loro vita politica è stata impostata sul bipolarismo. I più giovani non hanno il prestigio e l’autorevolezza per tornare al giusto mezzo magari con una grande coalizione che isoli - come nella Repubblica federale tedesca - le estreme che rappresentano una paralisi per la democrazia.
Neppure l’affare Telecom ha rotto il regolare decorso degli eventi anche se Prodi è stato criticato anche dalla sinistra. Prodi resterà Presidente del Consiglio nonostante - si potrebbe dire - Prodi stesso. Inizialmente ha reagito con ira («non saranno matti» disse a chi pensava di vederlo in Parlamento) dimostrando di ritenersi il padrone come ai tempi dell’Iri. Poi con ipocrisia, affermando di ignorare tutto come fece nel caso Telekom Serbia quando era Presidente del Consiglio. Poi con viltà, sacrificando uno dei suoi più stretti collaboratori, Angelo Rovati, ma - senza dirlo - realizzando il suo piano, quello di fare di una parte di Telecom una nuova Iri. Parlando di Angelo Rovati, sin dai tempi dell’Iri, Prodi amò circondarsi di Bologna boys, anche se non brillavano per eccessiva intelligenza.

Ma erano dei fedeli.

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