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L’Italia non molla su D’Alema euroministro

Roma Ormai a 48 ore o giù di lì dal supervertice dei capi di stato e di governo che dovranno scegliere presidente e ministro degli Esteri della Ue, è ancora tutto per aria tra i 27 soci. E se l’Italia con Frattini ha ieri confermato a Bruxelles che punta tutte le sue carte sulla nomina di Massimo D’Alema a Mr. Pesc (vicepresidente della commissione nonché responsabile della politica estera e della sicurezza comune), crescono di ora in ora gli ostacoli a una candidatura che, secondo quanto ha detto il nostro ministro degli Esteri «corrisponde al nostro interesse nazionale» al di là delle considerazioni negative di Brunetta «che sono opinioni personali».
Ma se nessuno ha fiatato anche ieri, tra i ministri degli Esteri dei 27, all’idea che l’ex-leader del Pds possa indossare i panni di Mr. Pesc , gli ostacoli - visibili e sotto il pelo dell’acqua - non mancano certo. E di questi i più difficili da saltare si chiamano Londra, Madrid e in ultimo... le donne.
Gordon Brown, primo scoglio, a quanto ha detto esplicitamente sempre Frattini, non rinuncerà fino all’ultimo a chiedere che sia il suo predecessore Tony Blair ad assumere l’incarico di presidente dell’Unione per due anni e mezzo (rinnovabili). Non ha nessuna intenzione di cedere l’inquilino di Downing street, specie ora che l’Europa voterà a maggioranza e non più all’unanimità, e questo lo si era messo in conto, anche se proprio nel Ppe (Merkel e Sarkozy soprattutto) non si gradisce un’ipotesi che rischia di allungare la paralisi comunitaria. In alternativa Londra potrebbe puntare su Peter Mandelson come Mister Pesc, anche se per ora si tiene fermissima la barra su Blair. Ma ecco apparire un secondo scoglio: Zapatero, a quanto si fa sapere da Madrid, si appresterebbe a lanciare l’ipotesi presidenziale per Luis Gonzalez, già capo dei socialisti spagnoli e primo ministro nel dopo Franco. Va da sé che se davvero la componente socialista scegliesse la presidenza della Ue, i popolari - contrariamente a quel che si era sempre sostenuto - ripiegherebbero su Mr. Pesc, il che annullerebbe l’ipotesi D’Alema.
Per questo ieri Frattini ha tenuto duro: c’è un accordo - ha fatto notare il titolare della Farnesina, il quale tra l’altro è stato nominato coordinatore dei ministri degli Esteri del Ppe (tra cui figurano lo svedese Bildt, il polacco Sikorsky, il francese Barnier e la commissaria austriaca Ferrero-Waldner) - per cui al Ppe spetta la presidenza, ai socialisti Mr. Pesc. Ma così non la pensa il suo collega Bildt. Che facendo ingresso all’appuntamento, ha tenuto a precisare invece come la suddivisione di cui si è parlato «altro non è che una speculazione della stampa» per cui tutto è ancora in alto mare. E alimentando così le voci di un possibile cambio di scenario.
La speranza è che nella notte di giovedì, dopo una cena tra capi di Stato e di governo, si partoriscano le scelte. Ma è complesso misurare col bilancino le necessità dell’est e quelle dell’ovest, quelle del sud con quelle del nord Europa e mettere alla pari paesi grandi e nazioni piccole. Anche perché, in sovrappiù, ieri è emerso formalmente un terzo scoglio per nulla da sottovalutare: appunto il «problema femminile».
Le commissarie Wallstrom e Kroes e la vicepresidente del parlamento europeo Wallis hanno scritto una lettera al Financial Times in cui chiedono «di passare finalmente dalle parole ai fatti» non solo nella composizione della commissione con parità tra uomini e donne, ma anche per i due incarichi al top che si stanno per varare. Fanno i nomi dell’ex presidente lettone Vaira-Vike Freiberga e quelli di Elisabeth Guigou e di Catherine Ashton (le ultime due come Mrs. Pesc). Insomma una nuova tegola che viene a complicare una decisione già complessa - tanto che già si mormora che il supervertice sarà allungato a venerdì - e che di riflesso viene a togliere punti percentuali alle possibilità di Massimo D’Alema. Su cui, come detto, l’Italia insiste, convinta che saprà fare un buon lavoro e rafforzata dal fatto che sul suo nome si è spesa formalmente la componente socialista europea.
«Ci sono 20 nomi in ballo» ha fatto però sapere il finlandese Stubb. «Dieci», ha dimezzato Frattini chiamandosi decisamente fuori dalla corsa. «Niente contro D’Alema», assicuravano i polacchi. «Tutto ancora fluido» chiudeva il nuovo ministro degli Esteri tedesco Westerwelle. La trattativa, prosegue.

L’esito? Per nulla scontato.

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