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L’Open di Torino la prima volta è già un successo

Bello. Davvero bello questo Open - il Bmw Italian - svoltosi per la prima volta sul percorso torinese del Royal Park I Roveri e vinto, come ormai si sa, dall’argentino Daniel Vancsik. Inutile negare che qualche perplessità sul cambio di sede e di regione era serpeggiata fra non pochi (mi ci metto anch’io). Cambiare campo, cambiare lo staff di un club che dopo cinque anni si era ormai familiarizzato con la macchina organizzativa, lasciare Milano adusa ai grandi eventi e al centro del golf del Nord Italia per Torino, città nell’immaginifico meno appassionata e più nobilmente distaccata, potevano lasciare di che pensare. Ed invece tutto ciò è stato clamorosamente smentito.
Che il campo fosse bello, spettacolare ed impegnativo, lo si sapeva e la firma del grande, inimitabile Robert Trent Jones Sr. ne era la garanzia, ma per il Bmw Italian Open il Royal Park I Roveri si è presentato in forma ancor più smagliante, giovane e d’attualità agonistica malgrado i suoi 38 anni suonati: merito di alcune intelligenti modifiche apportate dal comitato organizzatore e dal lavoro impeccabile, prima e durante il torneo, da parte degli addetti al campo e del loro «capo» Giovanni Baima. Il Club - intendendo strutture e soci - ha risposto in pieno come se avessero sempre ospitato un Open. La Regione Piemonte ci ha messo - prima amministrazione pubblica in Italia - del suo e non solo uno sterile formale patrocinio, coinvolgendo forze pubbliche (Associazione carabinieri) e private (la Protezione civile). Tende, villaggio commerciale e sponsor, sala stampa, hanno trovato la loro ideale logistica. Se proprio il pelo nell’uovo va trovato forse si poteva fare di più sui parcheggi per il pubblico, ma chi l’avrebbe mai detto che il compassato Piemonte e Torino avrebbero riversato nel Parco della Mandria oltre 45mila spettatori nei quattro giorni di gara? Un piccolo neo che finisce per essere anch’esso testimone di successo.
Infine due parole sui giocatori in campo. Quest’anno l’Open, a mio modesto parere, ha presentato la miglior griglia di partenza degli ultimi nove anni con nomi eccellenti (e non ingaggiati!) come Colin Montgomerie, Darren Clarke, Niclas Fasth (purtroppo usciti al taglio) ed un John Daly che ha dato «colore» - con i suoi pantaloni - e divertimento per il pubblico con la sua potenza ed un secondo posto più che meritato. Ma oltre ai citati, a Thomas Bjorn ai due Anders e ad altri comprimari di livello, vedi Jacqueline, Forsyth, O’Malley, Wall e Derksen (per citarne alcuni), c’erano tanti giovani emergenti, quelli che a breve saranno dei protagonisti e che hanno contribuito ad elevare il livello di gioco e lo spettacolo visto al Royal Park. Il vincitore Daniel Vancsik continua la grande tradizione argentina che in Italia ha avuto già due vincitori di prestigio negli anni ’50 a Milano Antonio Cerda e più recentemente a Roma nel ’94 Eduardo Romero. Daniel è giocatore che farà molta strada perché non si vincono tre tornei sul Challenge Tour, un Madeira Open (nel 2007) ed un Open d’Italia con i giocatori che c’erano in campo senza essere un giocatore di livello. Sognavamo che fosse l’Open Molinari e ci siamo andati vicini: Francesco (sesto con Bjorn) ha avuto un black out di due buche il sabato che lo hanno tagliato fuori dalla corsa al titolo, ma il suo 65 della domenica ha confermato l’esistenza di un gran campione targato anch’egli Royal Park così come suo fratello Edoardo, un po’ deluso perché consapevole dei propri mezzi ma pur sempre onorevole 17°.

E poi quel ragazzino di appena 16 anni, da pochi giorni campione italiano dilettanti, che ha passato il taglio giungendo 25°, vogliamo parlarne di Matteo Manassero? Forse questo Bmw Italian Open ci ha anche fatto scoprire il nostro McIlroy.

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