Politica

L’ultimo sacrificio dei cittadini onesti

L’idea che a tutti gli italiani, fra non molto, saranno rilevate le impronte digitali da immortalare sulla carta d’identità non è di quelle che ci fanno esultare. Giorno per giorno vediamo ridursi gli spazi di quella che una volta, prima della privacy, si chiamava riservatezza, indicata dai giuristi come diritto assoluto della personalità. Lo Stato moderno diventa sempre di più invasivo e tecnologico, onnisciente. Si ha l’impressione, passando davanti alle telecamere delle farmacie, delle banche, dei negozi, di essere braccati e la sensazione non si dissolve quando si parla al telefono, anzi. Mille apparati elettronici ci seguono, si avverte che qualcuno capta gesti e parole, fors’anche i pensieri. Ma dobbiamo rassegnarci a offrire i polpastrelli all’occhio freddo di uno scanner – più soft del vecchio inchiostro - nella speranza che il sacrificio di un altro brandello di riservatezza renda meno pericolosa la quotidiana fatica di vivere. Barattiamo residui di libertà personale con l’aspettativa di una maggiore sicurezza. Perché invochiamo sicurezza, esigiamo sicurezza per noi, per tutti nelle città in parte degradate e spesso violente, nelle case urbane e di campagna frequentate da troppi ladri, nelle strade dove è meglio non attardarsi, negli stadi, nelle stazioni e nei treni. E quindi dobbiamo pagare il prezzo.
I cittadini perbene da tempo pagano il prezzo. Sanno che in qualsiasi momento la loro posizione e attività sono segnalate da un reticolo di rilevatori, dalla scheda del telefonino alla carta di credito, dalla telecamera dei caselli al videofonino dei passanti curiosi. Hanno imparato a subire l’invasione dei loro spazi prima inviolabili. Ma altri cittadini, che vivono di prepotenza e malaffare – quello che spacciano, truffano, violentano, rapinano – saranno un po’ preoccupati di questa novità. Loro svicolano, si nascondono, si camuffano. Al pari di quegli immigrati – comunitari e no – ufficialmente sconosciuti, alacremente impegnati in attività criminali e che spesso, incappando nella rete della polizia, possono sciorinare identità e nazionalità diverse. Per difenderci meglio da tutti costoro sacrifichiamo anche le impronte digitali. A patto che i garantisti a giorni alterni la smettano di considerare vessatoria e discriminatoria la scelta delle autorità di censire tutti gli stranieri, rom compresi, rilevando anche le loro impronte digitali. Finora i discriminati siamo stati noi, abitanti indigeni di un Paese sbracato. Adesso, con la nuova norma, scegliamo di trattare i nostri ospiti nomadi da italiani.

Brava gente.
Salvatore Scarpino

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