L’Unione e il «cordiale» di Mieli

Alfredo Biondi*

Il grande De Curtis se avesse letto l’editoriale di Mieli a favore della coalizione di Prodi, avrebbe esclamato: «Non capisco ma m’adeguo».
Io veramente capisco ma riesco ad adeguarmi a quello che è stato scritto dal Direttore del Corriere della Sera.
Non capisco però la legittimazione data da Mieli ad una parte politica, il centrosinistra, per il governo del Paese dalle colonne autorevoli di un giornale che con i solenni impegni dell’Editore pubblicati sulla prima pagina del Corriere della Sera del 29 maggio 1973 affermava l’indipendenza delle pubblicazioni e dei giornalisti dal potere politico e l’indipendenza delle pubblicazioni e dei giornalisti da ogni gruppo di pressione.
L’editoriale di Mieli, colui che è stato l’inventore, appunto, di un particolare trasversalismo giornalistico che prende il suo nome, il cosiddetto «mielismo» è veramente singolare anche perché Mieli in un’intervista rilasciata ad un noto settimanale, qualche settimana fa, diceva: «Nel centrosinistra scrivono duecento pagine di ossimori e non c’è una sola cosa che un elettore possa tenere a mente. L’altra volta, Berlusconi promise che avrebbe ridotto le aliquote fino al 23 per cento e la gente se lo ricorda. Ma Rutelli che promise? In più, trovare cinque idee comuni servirebbe a fare chiarezza in una compagine che ha il suo tallone di Achille nel riunire nove partiti e tante anime».
Questa presa di posizione ha fatto si che il Corriere assumesse le caratteristiche de Le Moniteur il giornale ufficiale di «parte» di Napoleone Bonaparte.
Nella sostanza l’editoriale di Mieli non è stato altro che lo zucchero messo sull’orlo del bicchiere per far accettare una bevanda amara per gli italiani, il centrosinistra.
Quel centrosinistra dove Prodi e agli allegri, ora non troppo, «compagni» dell'Unione, divisi su tutto hanno messo insieme un programma che è una vera enciclopedia di luoghi comuni e di vaghe «stelle dell’Orsa», come direbbe il Poeta.
In realtà per contentare tutti, nel brodo lungo del programma, la sostanza ed i progetti risultano pochi e le parole molte, anzi troppe.
Non esiste nulla di nuovo perché mettere d’accordo i discordi lo può fare solo Prodi e la sua faccia, paravento di tutte le discordie, ora ancora di più, con la paura della sconfitta nelle elezioni del 9 e 10 aprile.
L’intervento di Mieli è arrivato un po’ come dire «il soccorso di Pisa» che arrivava sempre quando le cose si mettevano male per una o per l’altra marineria delle gloriose Repubbliche marinare. Ora Mieli che è «storico» queste cose le sa bene.
Si è trattato di un tentativo di riesumazione, una respirazione bocca a bocca sul bagnasciuga!
Quello che importa, dopo il «salto del fosso», è che i lettori del Corriere della Sera ora sanno che lo storico quotidiano non è più indipendente ma schierato, con il non meno storico direttore che ha firmato la dichiarazione di dipendenza.
La presa di posizione di Mieli potrebbe essere considerata un tributo alla sincerità, come aspetto positivo di vecchia e non dimenticata della militanza, oppure potrebbe anche essere la riprova che il centrosinistra ed i suoi sostenitori sono davvero «alla frutta» e Mieli ha somministrato un «cordiale».

Propendo di più d’accordo per la seconda ipotesi.
*vicepresidente della Camera

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