Cultura e Spettacoli

Laicismo al cubo Senza Dio l’Europa è in crisi

Sarebbe arduo trovare una metafora più appropriata di quella che dà il titolo al libro del teologo cattolico americano George Weigel, appena pubblicato in Italia: La cattedrale e il cubo. Europa, America e politica senza Dio (Rubbettino, pagg. 148, euro 14). Il Cubo è il Grande Arco della Défense di Parigi: moderno, mastodontico, liscio, simmetrico, perfetto. La Cattedrale è Notre Dame: antica, divorata dalle intemperie, irregolare, irta di guglie, ricettacolo di ombre, anfratti e irrazionalità. Il Cubo è a tal punto colossale, recitano tutte le guide turistiche, che l’intera Cattedrale, compreso il suo pinnacolo più alto, potrebbe accomodarsi sotto di esso. Eppure, si chiede Weigel, chi può meglio garantire la nostra libertà: l’uniformità del Cubo o la varietà della Cattedrale?
La tesi di fondo del volume è di quelle che se fossimo in un Paese, e in un continente, seri passeremmo i mesi a discutere: la crisi europea è frutto della secolarizzazione - meglio ancora, della Cristofobia. Dovremmo discuterla in primo luogo perché difficilmente potrebbe negarsi che l’Europa sia davvero in difficoltà. I segnali di questa crisi, per come li illustra La cattedrale e il cubo sono, a leggerli uno di fila all’altro, impressionanti. In particolare lo è la descrizione dello stato demografico del continente, nella cui metà occidentale non c’è un solo Paese il cui tasso di natalità sia sufficiente a far fronte ai decessi.
E in secondo luogo dovremmo discuterla, quella tesi, perché non ne circolano molte di alternative. Detto altrimenti: le difficoltà delle singole nazioni europee e dell’Unione sono spesso negate, oppure giudicate congiunturali, o ancora considerate separatamente l’una dall’altra. Raramente si riconosce invece la presenza di una complessiva «malattia» europea, e quasi mai ci si mette in caccia di una spiegazione che possa darne conto. Non solo: quando si ricorre a spiegazioni parziali, di rado ci si avventura al di fuori del terreno economico. E basti pensare a come viene affrontata in Italia la questione demografica: riconducendola per intero ai limiti del mercato del lavoro e del welfare. Ora, se non c’è alcun dubbio che le questioni materiali pesino, eccome, è pure vero che non possono essere le sole a contare. Non si capirebbe altrimenti per quale ragione il problema demografico interessi anche un Paese come la Francia, nel quale la maternità, al contrario, è fortemente incentivata.
Se avesse del tutto ragione Weigel nel ricondurre alla secolarizzazione la crisi europea in generale, e quella demografica in particolare, d’altronde, non si spiegherebbe allora per quale motivo un Paese come l’Italia, dove il cristianesimo è ancora relativamente robusto, sia fra i meno propensi a procreare. La cattedrale e il cubo, insomma, merita di essere discusso perché pone le domande giuste e perché cerca di dare loro una risposta, pure se non è detto che la risposta sia anch’essa giusta. E merita di essere discusso per i tanti passaggi acuti e condivisibili che sviluppa durante la sua ricerca. Fra questi, è la denuncia della sconsideratezza con la quale l’Europa rinnega le sue radici a trovarmi particolarmente d’accordo. L’avvilente vicenda della (mancata) menzione del cristianesimo nella sventurata pseudo-costituzione europea, se probabilmente è indice di una certa Cristofobia continentale, di certo lo è di incoscienza e astrattezza. Appare frutto di un’interpretazione errata della storia dell’Occidente - meglio ancora, del desiderio folle di distaccare l’Occidente dalla sua storia, giudicata un cimitero di errori e orrori dal quale solo la Ragione potrà farci uscire. Come se la ragione occidentale (quella vera, consapevole dei suoi limiti, quella che si accontenta dell’iniziale minuscola) non fosse essa stessa un prodotto della storia. Come se, insomma, nella sua autentica natura il Cubo non fosse figlio della Cattedrale, e rinnegando i suoi antenati non corresse dunque il rischio di perdere se stesso, volgendosi infine a danno di quanti vorrebbe proteggere.
giovanni.

orsina@libero.it

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