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L'America vittima di se stessa adesso è divorata dall'interno

L'odio razziale che divampa nel Paese è frutto di politiche sbagliate, anche del presidente (di colore)

L'America vittima di se stessa adesso è divorata dall'interno

Il piccolo robot delle forze dell'ordine si era fermato a pochi passi dal tiratore che aveva ucciso i poliziotti. Micah Xavier Johnson, un nero di 25 anni era ormai chiuso in un angolo. «Che intenzioni hai figliolo? Vuoi arrenderti?».

L'uomo ha risposto di no, che non si arrendeva, che il suo compito era ammazzare quanti più poliziotti bianchi potesse. Diceva che odiava i bianchi per quel che avevano fatto alla sua gente e per gli ultimi crudeli delitti della polizia contro cittadini neri. Aveva accettato di parlare, di spiegare la sua azione, ma non aveva nessuna voglia di arrendersi. Ha sparato altri due colpi. Allora il capo della Polizia di Dallas David Brown, nero anche lui, ha fatto un gesto per dare l'ordine. Il robot ha fatto esplodere la bomba che l'uomo aveva con sé. Johnson è morto quasi all'istante. La sparatoria era finita.

Altri tre sospetti tiratori sono stati fermati (ma non c'entravano nulla) mentre Dallas, la città nota alla storia finora per l'omicidio di John Fitzgerald Kennedy, prendeva coscienza delle ferite di cui grondava sangue. Nella notte di giovedì si stava svolgendo un pacifico corteo contro gli ultimi gravi abusi della polizia nei confronti dei neri e tutto andava come previsto, fra slogan e canti. Improvvisamente si sono sentiti gli spari di un fucile di precisione che hanno abbattuto undici agenti di polizia, di cui cinque morti all'istante. La gente, quasi tutti neri, non sapeva che cosa stesse accadendo. Non sapeva che un vendicatore degli afroamericani aveva preparato da tempo un'imboscata contro la polizia. Uomini, donne e bambini impazziti per il terrore sentivano gli spari e fuggivano, piangevano, immaginando che chi sparava volesse attaccare il corteo. Ma non era così. Quello che è accaduto nella notte a Dallas era un capitolo nuovo. Era l'inizio di una nuova rivolta nera armata come ai tempi delle Black Panther.

L'America del 2016 cominciava con quei colpi a divorare se stessa dopo otto anni di governo del primo presidente di origine africana (e non discendente di schiavi americani) sotto il cui regno la questione razziale era marcita. Ci sono alcuni fattori di cui tenere conto per poter comprendere quel che è accaduto a Dallas.

Il primo dei grandi fattori di rischio è stagionale. L'estate, il caldo, le armi. Con il caldo i neri americani regolano i loro conti nelle strade dei ghetti. Il New York Times ha inviato dieci giorni fa un team di giornalisti a Chicago per narrare le prime notti di calura e di «shooting», sparatorie selvagge con un numero di morti altissimo: «Mamma, guarda, mi hanno sparato in pancia», diceva una bambina prima di morire. Molti agenti di polizia bianchi sono certamente razzisti, ma comunque hanno tutti paura dei giovani neri armati e si comportano secondo un unico protocollo: «Nel dubbio, spara». Così l'intero Paese aveva assistito con raccapriccio all'esecuzione in strada di un automobilista fermato e con le mani in alto che aveva detto agli agenti: «Voglio avvertirvi che ho una pistola non denunciata nella tasca dei pantaloni, non voglio guai, che devo fare?». La risposta, come ha raccontato l'indignata fidanzata, è stata una sola: «Bam bam bam, l'hanno steso secco. Non aveva fatto nulla. Nessun movimento del suo corpo poteva far temere un atto di ribellione o di violenza, ma l'hanno ammazzato come un cane. E questa sarebbe la polizia che sta qui per proteggerci? Qui noi dobbiamo essere protetti dalla polizia e questa gente deve finire in galera». Intorno a lei tutti filmavano col telefonino. Era lei, la disperata vedova adolescente, la voce della protesta.

Il secondo motivo che sta alle spalle dei fatti di Dallas è di natura sociale: i neri hanno in media la metà degli anni dei bianchi (22 contro 50), non hanno vere prospettive scolastiche, negli slum le adolescenti nere preferiscono fare subito un figlio senza padre e vivere del sussidio di maternità. E quanto ai posti di lavoro, per loro sono sempre meno dei bianchi. L'amministrazione Obama ha mandato avanti una classe sociale di neri che si comporta «come i bianchi», ma ha totalmente fallito. I neri sono sempre più emarginati, sempre più prigionieri del circolo della droga e delle regole gangsteristiche. Così, inaspettatamente, è nato un flusso di elettori neri a favore di Trump, perché Trump accusa gli immigrati clandestini di rubare il lavoro dei cittadini americani. E qui siamo al punto nodale: mentre Barak Obama da Varsavia rilasciava dichiarazioni buone per tutte le stagioni sulla «deprecabile violenza», sia Clinton che Trump hanno fermato l'orologio delle rispettive agende elettorali per esaminare l'impatto elettorale dei fatti di Dallas sulle loro posizioni.

Hillary si presenta come la santa protettrice dei neri americani dopo aver avuto la benedizione di Barack Obama. Ma finora le politiche democratiche nei confronti dei neri sono state un disastro. Dall'altra parte Trump che non ha una particolare simpatia per gli afroamericani si ritrova ora con un patrimonio da spendere. Ha subito dichiarato, dopo la sparatoria, di volere «legge ed ordine», ma aveva già cominciato da due settimane a spingersi ad incontrare i sindacalisti neri. A tutti è chiaro che non si risolverà mai la questione razziale se non si risolverà la questione del lavoro e dell'istruzione pubblica. I fatti di Dallas mostrano il passo avanti nella direzione del baratro: alcuni neri hanno scelto di uccidere poliziotti bianchi. I poliziotti bianchi hanno dunque da oggi più paura di prima e penseranno prima di tutto a difendere la propria pelle. Il panorama è caotico: le polizie appartengono alle città, alle contee, agli Stati e non sono sotto il controllo federale di Washington: è il federalismo. Ogni comunità agisce e reagisce a proprio modo e secondo proprie regole. Obama è un re in scadenza o, come si dice, un'anatra zoppa. Da oggi all'insediamento del suo successore devono passare ancora sei mesi, tre dei quali di estate torrida e pistole cariche che non provengono dai negozi autorizzati, ma sono di contrabbando, affittate per ogni singola operazione e poi nascoste.

L'America nera si sente in questo momento chiusa in un angolo, decimata negli scontri sociali e dai poliziotti più brutali. Sarà una lunga estate di incidenti, scontri, funerali, cortei e franchi tiratori.

Un'intifada americana che chiude malamente l'era di Obama.

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