Cronache

L'anno record delle tasse: 500 miliardi finiti allo Stato

Lo dicono i numeri: nel 2017 la pressione fiscale è stata senza precedenti, il 10% in più rispetto al 2016. Eppure il debito pubblico è sempre più insostenibile

L'anno record delle tasse: 500 miliardi finiti allo Stato

L'Italia può permettersi il lusso di aumentare il proprio debito pubblico per tener fede alle promesse che Lega e 5Stelle hanno fatto in campagna elettorale? Come sempre bisogna guardare i numeri. Il primo riguarda il famoso tetto del 3% nel rapporto tra deficit e Pil. Le regole di Maastricht dicono che ogni anno la differenza tra ciò che lo Stato incassa e ciò che spende non deve superare il 3%. Nel 2017 questo rapporto, per l'Italia, è stato del 2,1% e il governo Gentiloni aveva previsto scendesse all'1,6% nel 2018: previsione impossibile da rispettare date le riforme previste dai due partiti al governo (Fornero, flat tax, reddito di cittadinanza, ecc... ecc...). Superare il tetto del 3% è il sogno erotico di Lega e 5 Stelle, ma si può fare?

Il fatto è che, come mostrano i grafici in queste pagine elaborati dal sito di datajournalism Truenumbers.it, che negli ultimi 11 anni gli Stati europei hanno allegramente sforato, per anni e anni, il tetto del 3%. La Francia, per esempio, lo ha violato 9 anni tra il 2007 e il 2017, la Spagna per 10 mentre la Germania solo per 2 (2009 e 2010), cioè un anno in meno rispetto all'Italia che ha superato il 3% solo per tre anni (2009, 2010 e 2011). Questo potrebbe far pensare ai leader politici che sforare il rapporto del 3% è possibile, visto che c'è chi ha fatto peggio di noi (anche se poi la Spagna ha avuto la Troika in casa) e, anzi, auspicabile. Beh, non è proprio così, perché mantenere una disciplina di bilancio dettata dal buon senso non è un'imposizione di Bruxelles ma un obbligo nei confronti dei mercati che ogni anno comprano circa 400 miliardi di titoli pubblici indispensabili per non fallire. Essendo il nostro debito pubblico il secondo in Europa (in termini di rapporto con il Pil) ed essendo l'economia italiana quella che cresce di meno nella Ue (più 1,2% nel secondo trimestre) aumentare il debito significa spendere di più in interessi sul debito pubblico.

Già ora l'Italia è il Paese che nell'eurozona paga i rendimenti più alti dopo solo la Grecia: nei primi sei mesi dell'anno il rendimento medio di un Btp a 10 anni è stato del 2,77% (3,25% all'asta di fine agosto) rispetto al 4,38% di un analogo titolo greco.

Certo, c'è un'alternativa: aumentare le tasse, in modo che le maggiori spese siano compensate da maggiori entrate. Si può fare? Tutto si può fare, basta però sapere che nel 2017 lo Stato italiano ha segnato un nuovo record storico (cioè: di tutti i tempi) in quanto a entrate fiscali. Gli italiani l'anno scorso hanno versato in tasse 497 miliardi di euro, circa 10 in più rispetto all'anno precedente e 18,8 in più rispetto al 2015. Certo, si potrebbe sempre sperare che il Pil aumenti in modo che compensi la crescita del deficit. Possibile, ma difficilmente la riduzione dell'età pensionabile o il reddito di cittadinanza contribuiranno a far crescere la ricchezza del Paese.

Poi ci sono altri due problemi. Il primo sono le agenzie di rating. Truenumbers.it ha elaborato graficamente l'andamento delle valutazioni delle società Standard & Poor's, Moody's e Fitch sul debito italiano considerando, per ognuna, il voto massimo e il voto minimo: il risultato è che dal 1986 ad oggi la valutazione sulla sostenibilità del debito italiano è aumentata una sola volta da parte di sole due agenzie: Standard & Poor's non ha mai aumentato la sua valutazione. Significa che dal 1986 la sostenibilità del debito è sempre peggiorata. Si attende con preoccupazione una nuova loro pronuncia per fine settembre.

Il secondo problema è il quantitative easing di Mario Draghi, cioè l'acquisto di titoli del debito pubblico da parte della Banca centrale europea: operazione che ha come effetto quello di abbassare i rendimenti che gli Stati pagano a chi gli presta i soldi. Dal marzo 2015 ad agosto 2018 la Bce, seguendo le rigidissime regole che si è imposta, ha comprato più titoli tedeschi e francesi che italiani. Non è un complotto: è che gli acquisti sono parametrati alla popolazione e all'economia, non all'entità del debito. In ogni caso in questi anni la Banca Centrale ha comprato più di 356 miliardi di titoli italiani. Il problema è che il 30 settembre gli acquisti dovrebbero terminare e a quel punto il cocktail esplosivo per la stabilità italiana sarà completo: investimenti improduttivi, aumento del deficit, crescita del Pil anemica, rating a rischio, fine dell'aiuto della Bce.

Auguri.

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