Roma

Il Lazio vede doppio: in trent’anni il «boom» dei parti gemellari

Gemelli, che passione! I parti plurimi viaggiano con il vento in poppa negli ospedali e cliniche della regione. Ogni anno ne vengono «sfornati» in tutto il Lazio ben 1700, con il Policlinico Umberto I che da solo ne registra 60. Per cogliere la parabola ascendente di parti gemellari che sta caratterizzando la nostra regione, basta osservare le cifre in termini percentuali, fornite nel corso del convegno «I Gemelli in età pediatrica: Epidemiologia, Clinica e Psicologia», tenutosi ieri all’Istituto Superiore di Sanità: dall’1,4 per cento del 1982 si è passati al 3,08 per cento su oltre 53mila nati del 2007. «La percentuale dei nati da parti plurimi è salita progressivamente negli ultimi 30 anni per il ricorso sempre più frequente a tecniche di procreazione medicalmente assistita - spiega il professor Mario De Curtis, Direttore dell’Unità di Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale all’Umberto I e Ordinario di Pediatria alla Sapienza - È aumentato anche il numero dei nati da parto trigemino e superiore. Per 1000 nati vivi si è verificato un incremento da un valore di 1 nel 2000 ad un valore di 1,4 nel 2008. Oggi questi bambini rappresentano circa il 4 per cento del totale dei nati da parto plurimo».
Si è registrato negli ultimi anni anche un incremento dell’età materna avanzata che viene sempre più associata ad una gravidanza plurima. La quota di nascite gemellari nel Lazio da donne con più di 35 anni è passata dal 9 per cento del 1982 al 34 per cento del 2008. E i gemelli «affollano» in misura sempre maggiore i reparti di terapia intensiva per i nati prematuramente, raggiungendo la ragguardevole cifra del 50 per cento dei bambini partoriti tra le 28 e le 31 settimane. Quest’ultimo dato solleva un problema serio. Visto l’aumento del numero e della sopravvivenza dei gemelli, spesso accade che nei reparti di neonatologia del Lazio venga ricoverato un numero di neonati superiore ai posti disponibili. In tutta la regione mancano circa 20 posti di terapia intensiva. Di conseguenza chi nasce prematuro non può essere curato nella struttura dov’è avvenuto il parto, ma deve essere trasferito altrove con aumento del rischio di morte. Dai dati forniti dall’Agenzia di Sanità Pubblica della Regione, il rischio di morte dei neonati con peso alla nascita inferiore a 1500 grammi - frequente nei gemelli - è più di 2 volte maggiore nei trasferiti rispetto ai curati nello stesso ospedale.

«Un miglioramento dell’assistenza dei nati prematuri potrebbe aversi con una più efficiente organizzazione delle cure perinatali, con una riduzione del numero delle piccole maternità e con il potenziamento del numero dei posti di Terapia Intensiva Neonatale» conclude il professor De Curtis.

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