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"Un leader forte è necessario per un Paese moderno"

Il ministro Sacconi preme per una riforma costituzionale che mira al presidenzialismo: "Oggi è fondamentale a garantire l'unità nazionale". E sul nuovo partito assicura: "Dal testamento biologico alla crisi il motto è people first"

"Un leader forte è necessario per un Paese moderno"

Roma - Ministro Maurizio Sacconi, tra pochi giorni nasce il Popolo delle libertà. Riuscirete a convivere dentro la stessa casa?
«La differenza è che l’identità del soggetto politico che nasce si può riassumere in due parole».

Differenza rispetto a cosa?
«Se lei interroga esponenti del Partito democratico sulla loro identità avrà come risposta una lunga affabulazione. Non hanno alternative per spiegare cosa sono».

Insomma il «ma anche» non era un vezzo esclusivo di Walter Veltroni...
«Era e rimane una caratteristica strutturale di quel partito, uno strumento che serve a comprendere nello stesso contenitore tutto e il contrario di tutto. È un blocco, la congiunzione della tesi e dell’antitesi, ma senza sintesi».

Torniamo al Pdl. Quali sono i due concetti che descrivono il partito che nasce domenica?
«La centralità della persona e poi un criterio: la responsabilità, che è a sua volta corollario della persona perché ne esalta le capacità e le potenzialità. Ecco noi non abbiamo bisogno di tante parole perché riconosciamo la persona alla base di tutto».

Il personalismo è una corrente di pensiero cristiana. Sicuro che tutti la condividano nel Pdl?
«La centralità della persona è anche figlia di una tradizione umanistica. Dell’umanesimo socialista, ad esempio».

La legge sul bio testamento è ispirata a questi principi?
«Se parliamo di centralità della persona non si può non pensare al valore della vita. Un valore che non può essere dato per scontato, anche a causa di una forma di decadenza delle società occidentali, che in Italia è stata alimentata dagli anni Settanta in poi dal nichilismo di certa sinistra. Il Pdl, al contrario, si è consolidato proprio nell’alta sintesi laica che ha saputo produrre tra credenti e non credenti intorno al valore della vita e della persona».

In realtà c’è anche chi ha posizioni fortemente laiche nel movimento...
«La laicità nel Pdl è un patrimonio comune. Poi c’è qualche residua posizione laicista, che va sicuramente rispettata, ma è minoritaria».

Eppure lei ha militato nel Partito socialista italiano che era laico....
«Io come tutti i socialisti del Pdl sono figlio di una stagione specifica del socialismo, che è quella craxiana. La vita e il pensiero di Craxi sono segnati da una grande spiritualità».

È vero che c’è un’altra potenziale divisione nel Pdl? Quella tra chi ha fede solo nel mercato e chi invece conta nell’intervento pubblico.
«Assolutamente no. Il Pdl al 99 per cento è la sintesi tra le tradizionali antinomie del Novecento, compresa quella tra Stato e mercato. E questa si realizza avendo come unico obiettivo il benessere delle persone».

L’economia sociale di mercato come unica ispirazione del nuovo partito?
«Non è un caso che il governo abbia promosso il primo summit internazionale sociale all’interno del G8, che partirà domenica a Roma, tutto dedicato alla dimensione umana delle crisi. Lo slogan è people first. Non ci si può occupare solo della stabilità del mercato finanziario globale, delle banche, bisogna anche pensare al capitale umano. Provvedere alle persone nella crisi per essere pronti, nel dopo crisi, a ripartire dalle persone».

Il Pdl sarà di destra o di sinistra?
«Né di destra né di sinistra. Sarà un movimento oltre gli schemi della politica del Novecento. Laico e cristiano, conservatore quando si tratta di valori e modernizzatore per declinarli nella realtà che cambia. Liberale e solidale».

Si dice che nel centrodestra ci sia troppo leaderismo. È d’accordo?
«Il leaderismo c’è. E non è solo la contingente caratteristica di un movimento nato in una particolare circostanza - il colpo di Stato mediatico e giudiziario dei primi anni Novanta - e per impulso di un uomo che ha avuto il coraggio di scendere in campo. Ma è anche caratteristica di tutti gli Stati moderni. La crisi globale ha riportato al centro gli Stati-nazione che sono guidati da personalità di sintesi in grado di garantire l’unità nazionale. Il compimento di questo percorso non può che essere il presidenzialismo. E può immaginare con quanta convinzione aderisca a questa idea chi si è formato nel Psi di Craxi».

Perché un cittadino del Nord dovrebbe preferire il Pdl alla Lega?
«Io rispetto la storia politica della Lega e sono un sincero estimatore di quello che ha realizzato per rappresentare la parte economicamente e socialmente più vitale del Paese. Però penso che inesorabilmente il leader di questo Paese, quello di oggi ma anche quello di un domani lontano, sarà sempre espresso da un movimento politico nazionale».

Ci saranno correnti nel Pdl?
«La ossificazione di una rete di rapporti è incompatibile con l’idea del Pdl come movimento non autoreferenziale. Poi esistono rapporti umani e simpatie. L’importante è che restino a geometria variabile».

Il Pdl avrà rapporti con i sindacati?
«Riconosciamo i corpi intermedi e diamo a essi valore. Però li sollecitiamo a evitare ogni deriva verso l’autoreferenzialità.

Vale per la tutela della rappresentanza delle parti più deboli della società, ma anche per altre organizzazioni».

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