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L'esplosivo di Ciancimino jr? Portato da Bologna a Palermo con la scorta

L'aspirante pentito nei guai per aver calunniato l'ex capo della Polizia De Gennaro cambia ancora versione sui candelotti scoperti nel giardino di casa sua dopo il suo arresto: adesso sostiene che gli furono recapitati da un anonimo ma nella sua casa emiliana

L'ultima di Ciancimino jr finisce sempre con l'essere "la penultima". Perché è talmente vorticosa la velocità con cui il figlio di don Vito - aspirante pentito e icona dell'antimafia finito nei guai perché si è scoperto che avrebbe manipolato un "pizzino" attribuito al padre per calunniare l'ex capo della Polizia Gianni De Gennaro - cambia verità che non si fa a tempo a tenere il conto. Dopo l'archivio segreto del padre custodito in una stanza segreta della sua casa nel cuore-bene di Palermo, archivio del quale si è "ricordato" solo dopo che i pm, a Pasqua, l'hanno rimesso in cella, ecco che spunta anche una nuova verità sull'esplosivo trovato in parte sepolto nel giardino della sua casa palermitana, e in parte buttato via - tramite un amico - in un cassonetto della spazzatura, e finito in discarica: sinora Massimuccio aveva detto che gli era stato recapitato a Palermo, e che lui, sempre pronto a denunciare anche le ombre, non aveva detto niente per non turbare la sua quiete familiare; adesso invece la location si sposta, i pacchi con dentro i candelotti gli sarebbero stati consegnati nella sua casa di Bologna e da lì lui li avrebbe portati in auto, con la sua scorta ignara, sino a Palermo.
Contrordine, compagni, come sempre avviene quando il giovane Ciancimino si arrampica sugli specchi nel tentativo di tirarsi fuori dai guai. Il dettaglio di dove l'esplosivo sia arrivato non è ininfluente. Sull'argomento la procura di Palermo ha aperto un fascicolo per detenzione e porto illegale di esplosivi. Se davvero si accertasse che l'arsenale - 13 candelotti e 21 detonatori quelli fatti ritrovare da Ciancimino jr nel giardino di casa, più altri candelotti fatti buttare via ad un amico, anche lui indagato - è arrivato a Bologna almeno questa inchiesta, per competenza, dovrebbe lasciare il capoluogo siciliano e trasferirsi a Bologna dove sul giovane Ciancimino è già aperto un fascicolo, per le presunte minacce ricevute.
Secondo la nuova versione del figlio minore di don Vito, i candelotti sarebbero stati recapitati da un misterioso corriere: «Questa volta puoi aprire i pacchi, la prossima volta no», gli avrebbe detto l'emissario al citofono. Naturalmente, il sistema di videosorveglianza non ha registrato nulla.Ci sarebbero invece video dell'arrivo a Palermo con dei pacchi volumiosi. L'esplosivo, appunto, portato in aperto disprezzo del pericolo arrecato agli altri da Bologna a Napoli in macchina sotto scorta, quindi nella stiva del traghetto Napoli-Palermo, e poi ancora dal porto di Palermo a casa sua, sempre a bordo dell'auto di scorta e nella più completa sicurezza di non correre rischi di essere scoperto o controllato. Il tutto mentre ancora si spacciava per nuova icona dell'antimafia. I difensori di Ciancimino jr, però, smentiscono: «Il nostro cliente non ha mai usato mezzi della scorta a lui assegnati per trasportare da Bologna a Palermo l'esplosivo che gli era stato dato» e «non ha mai messo a repentaglio la sicurezza degli uomini assegnati alla sua tutela».
Di novità in novità, l'ultimissima insieme all'esplosivo è l'interpretazione dell'ennesimo biglietto criptico trovato nell'archivio del padre. Si tratta di un suo appunto, risalente al '93 - quando il padre era detenuto - e che recita: ««Per papà. Ho visto Giancarlo come da appuntamento: ho posto i tre quesiti ("T", "18 P" e se era possibile prima della Cass. andare a casa). Mi ha detto che fino ad ora non ci sono novità. Restano i vecchi accordi presi con te» T non fa niente prima della sentenza P. Dichiarazioni dei pentiti (nuovi) su di te non dicono nulla. Le ha lette. Aspetta insediamento del nuovo a Palermo. (È amico), per sapere notizie dei nuovi assetti. Per quanto riguarda P - aggiunge - si preoccupa di interventi esterni e per poterli arginare ha bisogno di parlare con te. Abbiamo stabilito che è il caso che vi incontriate al più presto. Come te lo spiego giorno 12 al colloquio». Poi un post scriptum: «IMPORTANTE: per il giorno 14-1-93 puoi fare la rinunzia a presenziare in udienza. Per il giorno 18-1-93 aspetta mie istruzioni che posso darti solo io il giorno 12»». Ciancimino jr ha dichiarato che «Giancarlo» sarebbe il capitano Giuseppe De Donno; che T sarebbe un riferimento ai tubi in cui erano messe le mappe catastali fornite dal Ros a Bernardo Provenzano per individuare Totà Riina; e che 18P sarebbero i giorni che i carabinieri avrebbero atteso prima di perquisire il covo di Riina (vicenda per cui il generale Mario Mori è stato già processato e assolto, ndr). Una versione che non regge, visto che chiaramente dalla lettura del biglietto si evince che T" e "P" sono persone. Il mistero continua. In attesa della prossima puntata.

E della prossima verità da cambiare.

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