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Via libera Usa ai negoziati con i talebani

Forse è la volta buona. Con cauto ottimismo, al Pentagono come a Bruxelles si è convinti che i negoziati avviati dal presidente afgano Hamid Karzai con i rappresentanti di una parte almeno della guerriglia talebana possano dare risultati positivi. In teoria i contatti preliminari in corso dovevano essere segretissimi, ma in troppi ne parlano da giorni e del resto il recente completamento da parte del governo di un consiglio di pace di 70 membri è solo uno degli elementi della offensiva diplomatica lanciata ormai da mesi.
Tutti gli osservatori concordano che solo attraverso una combinazione di iniziativa militare e aperture ai talebani si può arrivare, se non a concludere la guerra, almeno a limitarla, per virulenza ed estensione. Quello che è cambiato rispetto allo scorso anno, quando i negoziati condotti in Arabia Saudita si conclusero con un nulla di fatto, è il contesto politico e militare.
Il presidente Barack Obama ha deciso di autorizzare quei negoziati diretti che diversi dei suoi consiglieri invece non volevano, con una rigidità che gli Stati Uniti hanno spesso inopportunamente mostrato in tempo di guerra. Ma Obama ha fretta di trovare una via di uscita, per poter mantenere la promessa di un ritiro militare (peraltro impossibile) a partire dalla prossima estate. Gli Usa sono quindi finalmente pronti a dare retta a quello che gli alleati Nato, a partire da quelli britannici, auspicavano da oltre due anni.
Contemporaneamente a livello militare, sia pur molto più lentamente del previsto, le forze alleate stanno conquistando terreno e credibilità. Il potenziamento di Isaf, la forza di sicurezza internazionale, è quasi completato per quanto riguarda gli Usa, continua ancora per i partner. I risultati cominciano ad arrivare, specie ora che, con il peggioramento delle condizioni climatiche, le meglio equipaggiate truppe occidentali possono continuare ad agire aggressivamente, mentre i talebani faticano a muoversi, a rifornirsi, a combattere. Parallelamente le operazioni condotte da Cia e affini dal cielo e da terra in territorio pakistano sono sempre più intense ed efficaci. Decine e decine di guerriglieri e molti dei loro leader sono uccisi ogni settimana. Qualche progresso si registra nella formazione di esercito e forze di polizia afgane.
I talebani quindi, almeno quelli che fanno capo alla Shura di Quetta, non solo si sono mostrati interessati ad aprire trattative, le hanno cercate. Riconoscendo una legittimità a Karzai che prima mancava e rinunciando alla richiesta pregiudiziale del ritiro delle truppe Nato prima di ogni negoziato. La cautela è d'obbligo, ma c'è una possibilità. Mentre si tratta, le attività militare alleate devono crescere ed in Pakistan occorre continuare a colpire e più duramente gli uomini della fazione Haqqani.

Poi qualcuno dovrà anche avvisare Obama che i talebani, se avranno la certezza del ritiro militare americano da luglio, saranno poco incentivati a negoziare sul serio.

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