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Libia, l'ira di Napolitano tirato per la giacca: smentite le invezioni del Fatto e di Repubblica

Mozioni in parlamento sulla guerra in Libia: il Fatto e Repubblica accusano il capo dello Stato di aver tentato di ammorbidire il Pd per aiutare il governo. Durissima la smentita del Colle: "La telefonata a Bersani è una notizia inventata". Poi accusa: "Toni provocatori"

Libia, l'ira di Napolitano tirato per la giacca: 
smentite le invezioni del Fatto e di Repubblica

Roma - Nessun filo rosso, nessuna telefonata a Pier Luigi Bersani, nessun tentativo di ammorbidire il Pd e di influenzare la linea delle opposizioni a favore del governo. Si tratta, si legge in una nota del Colle, di ricostruzioni «arbitrarie» e di «notizie completamente inventate». Certo, come Giorgio Napolitano la pensi sulla crisi libica è noto da tutti e da tempo: «Il presidente ha espresso chiaramente già nel Consiglio supremo di Difesa, organo di rilevanza costituzionale, le sue valutazioni». Ma adesso «gli sviluppi dell’adesione italiana alla risoluzione dell Onu» sono «di esclusiva responsabilità del governo e del Parlamento».

Venti righe, una smentita durissima. Il capo dello Stato ce l’ha con Repubblica, che ha scritto delle pressioni su Bersani, e soprattutto ce l’ha con Marco Travaglio, che lo ha accusato di andare al di là dei suoi poteri per tenere artificialmente in vita il governo, definito «un cadavere ambulante». Ebbene, sostiene il comunicato, la telefonata è una «notizia inventata» che ha consentito «al vicedirettore del Fatto Quotidiano di imbastire una polemica dai toni provocatori nei confronti del presidente al di là delle posizioni da lui assunte nelle sedi appropriate». Napolitano, che sull’argomento si è esposto parecchio, ora non vuole essere messo in mezzo alle polemiche del centrosinistra, non intende fare da sponda a regolamenti di conti interni al Pd.

Ma al di là delle telefonate, la sostanza delle preoccupazioni di Napolitano resta tutta. Come resta anche l’azione di copertura e supporto che ha messo in campo nelle ultime settimane nei confronti di Palazzo Chigi. L’obiettivo principale del capo dello Stato è infatti quello di evitare che il governo vada in crisi sulla politica estera, cosa che esporrebbe il Paese al ridicolo in campo internazionale, togliendo all’Italia ogni credibilità futura. Da qui le dichiarazioni di appoggio a Silvio Berlusconi e gli appelli «al senso di responsabilità» che in questi giorni ha rivolto alle forze politiche di maggioranza e di opposizione e che non ha smentito nella sua nota.
Il Cav e l’Amerikano si trovano dunque sulla stessa barca. In questa fase hanno un interesse comune, la stabilità dell’esecutivo. Del resto Napolitano fin dall’inizio della crisi libica si era spinto molto avanti nel sostegno delle operazioni armate contro Gheddafi, fino al punto di definire i bombardamenti italiani «uno sviluppo naturale» della risoluzione dell’Onu, approvata dalla Camera il 24 marzo.
Berlusconi invece è arrivato sulla stessa linea compiendo un percorso molto diverso. Freddo all’inizio e con uno sguardo ai sondaggi, il premier, sollecitato da Obama, dagli alleati europei e pure da Napolitano, è poi gradualmente passato dalla riluttanza alla moderazione fino alla decisione di un completo interventismo per onorare gli impegni, soddisfare le richieste della Nato e degli Stati Uniti e mantenere l’Italia in prima fila.

La settimana scorsa i due si sono incontrati al Quirinale. Un’ora e mezzo di colloquio, dominato dalla questione Carroccio. Una volta sceso dal Colle, Berlusconi ha iniziato l’operazione recupero, culminata nelle dichiarazioni di ieri mattina davanti al tribunale di Milano: «Condivido il senso della mozione della Lega». Parallelamente e di concerto, è intervenuta la diplomazia del Colle. E il capo dello Stato ha invitato alla «coerenza delle decisioni», che non era una critica al governo e al premier ma un modo di stanare la Lega. Il partito di Bossi aveva dato il via libera alle operazioni durante il Consiglio superiore della difesa. Tra i partecipanti alla riunione, si fa notare, c’era pure Roberto Maroni, ministro dell’Interno e autorevole esponente leghista, lo stesso che ha poi criticato la decisione di armare gli aerei.

Napolitano si è dedicato anche alle opposizioni, sollecitando «responsabilità» e senso dello Stato. Fino al corto circuito con la stampa, che ha provocato due conseguenze: la smentita del Colle e l’irrigidimento di Bersani: «Non faremo da stampella al governo».

Ma la mediazione continua.

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