Cultura e Spettacoli

Il libro di Carrubba, Zingales e Salvini

I libri dove si parla di etica ed economia, almeno in Italia, sono - generalmente - molto teorici, mancano di applicazioni pratiche e quando le fanno disegnano mondi totalmente diversi e alternativi al nostro, caratterizzato com’è dalle libere (più o meno) economie di mercato in regime politico democratico. Se poi tali libri vengono fuori dall’ambito cattolico allora queste caratteristiche spesso sono ancora più accentuate. Si tende cioè a non sporcarsi le mani nella realtà esistente ma a delinearne (sempre molto vagamente) una alternativa. Quando non ci si trova a leggere dei sermoncini veri e propri di scarsa rilevanza pratica e di nulla rilevanza teorica. Dei luoghi comuni infarciti di un po’ di retorica finto-evangelica.
Sfugge a tutte queste caratteristiche la lunga conversazione su questi temi tra un economista non fondamentalista e un filosofo-teologo non astratto, guidata da un giornalista economico, cattolico liberale e molto colto. Tre specie rare già a trovarsi separate, ancora di più se messe insieme. L’esperimento è riuscito a Salvatore Carrubba, editorialista del Sole 24 Ore (già direttore del quotidiano) che ha condotto questo dialogo con Luigi Zingales che insegna all’Università di Chicago e che nel 2003 ha vinto il premio Bernacer per il miglior giovane economista europeo e Giampaolo Salvini, gesuita, plurilaureato direttore de La Civiltà Cattolica dal 1985. Il buono dell’economia. Etica e mercato oltre i luoghi comuni è il titolo del libro edito da Ube, Università Bocconi Editore.
Talora è parso che di tutta la crisi economico-finanziaria che ha attanagliato il mondo dalla fine del 2007, l’argomento etico fondamentale sia stato quello costituito dagli stratosferici stipendi dei manager. La possibilità di guadagni eccessivi ha certamente provocato una corsa a far di tutto perché gli stipendi lievitassero in modo abnorme cercando scorciatoie che spesso si sono rivelate truffaldine. Su questo non c’è dubbio ma non c’è altrettanto dubbio che, come rilevano sia Carrubba sia Zingales la libertà di contratto, soprattutto in ambito privato, non può essere limitata senza il pericolo di andare contro la legge e il diritto. Anche padre Salvini, che pure riconosce quanto questa rincorsa possa avere ferito il senso comune o il senso del bene comune, poi ammette la difficoltà a regolare questo settore senza violare i diritti pur esistenti del mercato. Perché se è vero il motto if you pay peanuts, you get monkeys (se paghi noccioline, trovi solo scimmie), è anche vero che qualche interrogativo etico viene posto dalla distanza sempre più incolmabile che distanzia gli stipendi medi e bassi da quelli dei supermanager. Questioni etiche, questioni morali, ma come combinarle con i diritti economici ed individuali? Questo è solo un esempio (il libro è ricco di esempi che vanno dalla Csr agli aiuti pubblici, dalla regolazione della concorrenza ai diritti dei consumatori) che dimostra il metodo seguito nel volume: un metodo che non pone il richiamo etico astrattamente fuori della realtà che è fatta di storia, di diritti acquisiti, di regole esistenti. Un metodo che cerca una via possibile per l’etica nella trama complessa di un mondo economico che nessuno dei tre autori vede come totalmente impermeabile alle possibilità di cambiamento e miglioramento.
Potrebbe sembrare poco ma così non è. Almeno non lo è in Italia dove l’etica economica sembra appartenere più alla filosofia teoretica che non all’angloamericana applied ethics. Quest’ultima è molto più complessa perché richiede un maggiore sforzo ma offre comunque risultati più utili.
Anche l’eterno quesito dei rapporti tra efficienza e solidarietà non vede una chiusura reciproca dell’economista Zingales e del filosofo-teologo Salvini, vede piuttosto una apertura reciproca nel tenere al riparo il mercato da richieste impossibili e cioè che esso diventi il luogo dove ricercare la solidarietà che va cercata altrove e cioè nell’intervento dello Stato. Zingales non esclude che l'interesse per il bene comune possa risultare utile anche per l’economia di mercato perché le regole sono consustanziali al mercato stesso. Ma certamente non si può attribuire al mercato la ricerca del bene comune che non rientra nelle sue prerogative.
Insomma il mercato non è cattivo perché non è solidale. Il mercato diventa pessimo quando non fa il mercato perché si fa troppo aiutare dallo Stato e perché al suo interno non c'è concorrenza. Per un libro di etica economica non c’era proprio da aspettarsi di più.

Sicuramente per chi voglia leggere libri in italiano e non in inglese.

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