Politica

Licenzia i dipendenti, il sindacato lo radia ma i Comunisti lo schierano alle Europee

Prc e Pdci presentano le liste: c’è anche Bruno De Vita, editore e leader di un movimento di consumatori, sotto processo per aver cacciato la redazione dopo uno sciopero sul contratto

Licenzia i dipendenti, il sindacato lo radia 
ma i Comunisti lo schierano alle Europee

Roma Ma come? I paladini dei precari, degli sfruttati, degli ultimi, della gauche dura e pura mica quella al cachemire, candidano un radiato dal sindacato dei giornalisti per atteggiamento antisindacale? Il volto della sinistra patacca è quella di Bruno De Vita, capo dei Consumatori uniti e ora a braccetto con Oliviero Diliberto (Pdci), Paolo Ferrero (Prc) e Cesare Salvi (Socialismo 2000) nella corsa a un seggio a Strasburgo.
«Evviva il comunismo per la li-ber-tà!», urlano in coro a piazza Navona i tre big della falce e martello, insieme per contare di più e per mandare qualche uomo in Europa. «Uni-ti, uni-ti, uni-ti», implorano i pochi intimi in piazza stanchi di tranvate elettorali. C’è il 4% da raggiungere, meglio sposarsi, no? E dalle nozze partorisce la nuova lista «comunista e anticapitalista», simbolo rosso che più rosso non si può. L’ideale poi sarebbe imbarcare pure un quarto. Ed eccolo lì il quarto: il dottor Bruno De Vita, leader dell’ex Unione democratica per i consumatori ora Consumatori uniti, vecchia creatura di Willer Bordon e Roberto Manzione. «Tutela i tuoi diritti!», ordina il suo sito. Peccato che il loro capo, sorta di Che Guevara dei consumatori, non tuteli quelli dei suoi dipendenti. Si dà il caso infatti che il nuovo pilastro della lista anticapitalista sia in realtà un capitalista vero. E fin qui, nulla di male. Il problema è che De Vita, ex amministratore unico ed editore di Teleambiente e della collegata Teleagenzia 1 abbia licenziato in tronco i suoi giornalisti. Risultato: radiazione dall’Associazione stampa romana, sindacato unitario dei giornalisti del Lazio di cui De Vita, pubblicista, era associato.
Il caso scoppia a fine 2006 quando cinque dei suoi redattori aderiscono allo sciopero del 18 e 19 dicembre, indetto per protestare contro il mancato rinnovo del contratto nazionale dei giornalisti. Il protettore dei diritti dei lavoratori va su tutte le furie e fa trovare ai suoi dipendenti una bella lettera: fuori dai piedi. Sostituisce le serrature alle porte della redazione e piazza gli effetti personali dei suoi (ormai ex) dipendenti sul pianerottolo. Il brutale calcio nel sedere brucia assai e i cinque giornalisti suonano il campanello del sindacato che inizia a indagare. Si avvia l’istruttoria e dopo mesi di lavoro e di audizioni ne vengono fuori di cotte e di crude. I redattori denunciano abusi su abusi. Una ragazza accusa: «De Vita spingeva le redattrici, anche con il turpiloquio, a pulire i servizi igienici della redazione». E ancora: «Gli orari contrattuali non venivano rispettati; gli straordinari non ci venivano pagati; le ferie non fatte godere; le retribuzioni del tutto inadeguate».
Peggio: un giornalista accusa che ogni mese nel ricevere lo stipendio (minimo sindacale, s’intende) di 1.200 euro per assegno, era obbligato a girare l’assegno allo stesso De Vita; il quale poi gli versava dei contanti ma solo per 600 euro. All’Associazione della stampa strabuzzano gli occhi e investono della questione il collegio dei probiviri. Risultato: radiazione, la sanzione più pesante. De Vita però fa ricorso alla Federazione nazionale della stampa, difendendosi così: «Macché licenziamenti, la cooperativa ha soltanto deciso di far lavorare soltanto i soci e siccome quei cinque non sono soci...». La difesa fa acqua e anche la Federazione nazionale della stampa conferma all’unanimità la condanna.
Poi accade che uno dei probiviri, che ha vergato la sanzione della radiazione, accenda la tv e veda a Porta a Porta proprio De Vita: candidato premier alle elezioni politiche del 2008. «Ma come - scrive subito all’Unità il sindacalista - nessuno gli ha chiesto di rendere conto di quei licenziamenti?». L’Unità pubblica la lettera e De Vita si imbufalisce: parte una denuncia per diffamazione sebbene, di quei licenziamenti, ne abbia parlato perfino Liberazione il 21 dicembre 2006. Titolo: «A Roma licenziata in tronco la redazione di Teleagenzia 1».

Il capitolo finale il 29 maggio prossimo, data della prossima udienza.

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