Controcultura

L'intelligenza umana è una geniale ignoranza

Se c'è un campo in cui la conoscenza umana sta procedendo speditissima è la metacognizione. Non fatevi venire subito il mal di testa e non lasciate che il vostro cervello agisca d'impulso

L'intelligenza umana è una geniale ignoranza

Se c'è un campo in cui la conoscenza umana sta procedendo speditissima è la metacognizione. Non fatevi venire subito il mal di testa e non lasciate che il vostro cervello agisca d'impulso - lo fa molto più spesso di quello che possiate immaginarvi - facendo tabula rasa di fronte a una parola dall'aria complicata. Non lo fa per cattiveria, ma soltanto perché è in grado di memorizzare, al massimo, un gigabyte di dati (molto meno di un personal computer) e quindi tende a non farsi invischiare in complicazioni. Complicazioni che invece piacciono molto ai cervelli giovanissimi, quelli dei bambini. La metacognizione, in sostanza, è semplicemente la mente che pensa la mente per capire come la mente funziona e apprende.

Così è più facile da capire (non si deve ricorrere al vocabolario), ma non troppo più facile, e la curiosità potrebbe spingervi a continuare a leggere. E poi, magari, a farvi arrivare in libreria per mettere le mani sui due volumi da cui parte questo articolo.

Il primo è La vita segreta della mente del neuroscienziato argentino Mario Sigman (Utet, pagg. 264, euro 20). Sigman, fondatore dell'Integrative Neuroscience Laboratory di Buenos Aires, è uno dei massimi esperti del sistema decisionale del cervello. Nel suo saggio, approfondito ma molto divulgativo, illustra un sacco di meccanismi mentali che agiscono sempre negli esseri umani, ma che spesso sono controintuitivi. Qualche esempio. Il cervello ha enormi capacità innate di sinestesia. Accosta in maniera innata concetti visivi a concetti legati al suono, concetti spaziali a concetti temporali. Così quasi tutti gli esseri umani pensano che il futuro sia davanti e il passato dietro, o che il rosso sia caldo e il blu freddo... Al fondo di molte delle nostre decisioni ci sono queste sintesi istantanee fatte dal cervello. Il cervello «riflette» quando gli elementi da analizzare sono relativamente pochi e c'è il tempo per farlo. In altri casi si attivano meccanismi automatici. Può sembrare incredibile, ma se i fattori di calcolo sono troppi chi ci azzecca di più è chi si affida all'istinto.

Non parliamo poi dei colpi di fulmine e dell'amore. Gli esperimenti condotti dai colleghi di Sigman hanno dimostrato con buona approssimazione che il colpo di fulmine tende a portarci, come accade ai roditori, semplicemente verso chi ha un pattern di difese immunitarie diverse dalle nostre. È una garanzia biologica di produrre cuccioli sani, con un corredo immunitario ampio. Poi entrano in gioco, per carità, meccanismi più complessi, ma alla fine il cervello, di base tende a ricorrere a una serie di risposte precostituite, molte delle quali sono «di pancia».

Sulla stessa linea d'analisi anche l'altro volume su cui volevamo incuriosirvi (sì, anche con vili trucchetti retorici che, visto come è fatto il cervello, funzionano sempre). È il saggio di Steven Sloman e Philip Fernbach: L'illusione della conoscenza (Raffaello Cortina, pagg. 316, euro 26). I due scienziati cognitivi si muovono sullo stesso terreno di Sigman, ma dedicano largo spazio ai limiti dei meccanismi decisionali di noi umani.

In pratica dimostrano con molta chiarezza che la maggior parte delle nostre decisioni sono prese a colpi di «pressapoco». Avete presente il celebre monologo del film Sogni d'oro di Nanni Moretti? Quello che recita in furioso parossismo: «Io non parlo di cose che non conosco!»? Ecco Sloman e Fernbach vi dimostrano con decine di esempi che in pratica parliamo quasi soltanto di cose che non conosciamo davvero. Tutti usano il water, ma moltissime persone ignorano come possa funzionare. Svariati test dimostrano che la maggior parte degli individui, pur sapendo andare in bicicletta non sono in grado di disegnarne schematicamente una... Il risultato è che, per lo più, anche in politica ci affidiamo a opinioni di riporto. Moltissime delle nostre scelte avvengono sulla fiducia. E quando si tratta di scegliere di chi fidarsi, e perché, scattano meccanismi archetipi che poco hanno di razionale. Ma non soltanto in politica. Anche quando nel 1954 gli Stati Uniti provarono i primi ordigni termonucleari, sbagliarono i calcoli sul loro potenziale proprio per eccesso di fiducia.

Ecco, sono casi, questi, in cui la creatività della mente umana, così artistica, rischia di mostrare facilmente la corda (metafora che viene dal mondo tessile e figlia della nostra abitudine cognitiva a oggettivare). Il modo migliore di evitarlo è conoscere i suoi meccanismi.

Che ci piacciano oppure no.

Commenti