Politica

L'inutile ossessione dello stallo

L'inutile ossessione dello stallo

Stallo. Pantano. Tempi biblici. E la noia di giornate ripetitive tra un tweet che sembra aprire scenari pazzeschi o battute radiofoniche che illudono su cambi di rotta impensati. Non c'è bisogno di allacciare le cinture di sicurezza, siamo semplicemente nell'immutabile Italia alle prese con un governo da formare. Il solito Paese schizofrenico dove, nel giro di neppure 25 anni, si parte dal Mattarella che scrive una legge elettorale in grado di produrre governi istantanei, al Mattarella notarile che prende tempo tra le smarrite delegazioni al Quirinale.

Gli effetti di una nuova legge elettorale, il «Rosatellum», sono evidenti. Nessun vincitore, nessun premier naturale, tutti che possono allearsi con tutti e nessuno. Tra un po' gli italiani si chiederanno: ma che cavolo stanno facendo questi? Magari qualche quotidiano combattivo, per scuotere una giornata particolarmente sonnolenta, titolerà «FATE PRESTO» a caratteri cubitali. Fa sempre un certo effetto, anche se ovviamente non contribuirà a granché. Non serve indignarsi per l'inconcludenza dei partiti, la politica è questa. Non si vede un accordo a portata di mano, ma tutti i leader stanno lavorando per arrivarci. Certo, non è la fatica di una partita Iva o di un pendolare, ma il Palazzo ha i suoi riti e anche orari che vanno al di là delle otto ore impiegatizie.

Riassumiamo. Si è votato il 4 marzo con un esito elettorale che ha diviso il Paese in tre blocchi politici non autosufficienti. Tra tre giorni si vota per le Regionali in Molise: «competition is competion». Difficile, se non assurdo, costituire un governo in campagna elettorale. Stessa musica la prossima settimana con il voto regionale in Friuli Venezia Giulia. Tra comizi, polemiche, propaganda e analisi del risultato, andranno via altri sette giorni. E lasciamo perdere le comunali del 10 giugno, francamente troppo in là per concedere un'ulteriore dilazione.

Non funziona ancora a pieno regime il Parlamento, anche perché per attribuire certe poltrone chiave (come la Vigilanza Rai e il controllo sui servizi segreti) bisognerà almeno capire chi fa la maggioranza e chi l'opposizione. Senza contare che la fascia di primo livello dei dirigenti di partito dovrà aspettare la definizione della partita dell'esecutivo per determinare il proprio ruolo. Prendiamo ad esempio Giancarlo Giorgetti, l'eminenza grigia della Lega di Salvini. Doveva presiedere la Commissione speciale provvisoria della Camera, ma è stato messo in cassaforte per eventuali incarichi superiori. Premier in quota Carroccio? Superministro? Reggente del partito se Matteo spiccherà il volo? E chi lo sa, magari anche nulla.

Nell'Italia in cui non si fa nulla di fretta, questa impasse istituzionale è una delle tante che in settant'anni di Repubblica hanno visto succedersi a Palazzo Chigi 64 esecutivi e 28 presidenti del Consiglio. Si tratta sotto banco per mediare e smussare, come escludere gli elementi ritenuti di intralcio. Sappiamo già tutti che non uscirà dal cilindro di Mattarella il governo dei sogni o degli italiani. Verrà eretto alla meno peggio un decoroso condominio un po' lontano dal centro storico dove alloggeranno famiglie eterogenee che negli anni si sono un po' compromesse tra litigi e dispetti grevi.

Qualche settimana li ritroveremo tutti sorridenti ed emozionati a giurare al Salone delle Feste del Quirinale. E solo in quel momento, frutto di scelte forzate e inevitabili, il Paese giustamente sbotterà: ma non potevano farlo prima?

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