Controcultura

Lorenzo Monaco in viaggio ai confini del Medioevo

In "San Nicola di Bari salva i naviganti" viene celebrato l'ordine custodito dalla Chiesa

Lorenzo Monaco in viaggio ai confini del Medioevo

Potremmo dire che l'opera San Nicola di Bari salva i naviganti di Piero di Giovanni, detto Lorenzo Monaco (Siena, 1370 circa - Firenze, maggio 1425 circa), si situi come «l'ultimo viaggio del Medioevo». Il Medioevo è una denominazione convenzionale per un periodo artistico che in realtà contiene multiformi istanze: l'arte bizantina, un alto Medioevo, un basso Medioevo da cui prende via il Rinascimento.

Al confine tra Medioevo e Rinascimento, alle colonne d'Ercole che portano oltre quest'epoca, si colloca questo meraviglioso pittore il quale, con l'umiltà monacale che si conviene all'ordine di Camaldoli, è amico e collega del trionfante e veramente ultimo viaggiatore nel Medioevo, Gentile da Fabriano, ormai apertosi a rotte più ampie. Le loro due opere sui viaggi dei magi rappresentano, intorno al 1423 quella di Gentile da Fabriano e più o meno coeva quella di Lorenzo Monaco, due diverse prospettive per guardare al mondo ancora come luogo di favola e di sogno. Quindi non v'è dubbio che Lorenzo Monaco vada visto come l'ultimo pittore di un mondo che si volge alla conclusione necessaria per poi rinnovarsi e risorgere, come un autunno che apre verso la primavera dell'arte nuova. E tutto questo avviene proprio a Firenze, fertile culla d'arte e di cultura.

Avendo precoce sentore di quella primavera, fra' Lorenzo - e assieme a lui Gentile - accoglie le rinnovate istanze accavallando e confondendo il proprio sapere tradizionale con queste tendenze rinnovate, in cui si conta anche l'esperienza iniziatica e meravigliosa di Masaccio. Masaccio e con lui Masolino, quest'ultimo più vicino e più simile come sensibilità a Lorenzo Monaco e a Gentile da Fabriano, sono pittori che offrono la percezione che a Firenze si possa intraprendere una strada diretta verso il futuro e straordinariamente innovativa e, contemporaneamente, mantenersi nell'ambito di un mondo antico non definitivamente concluso. Condizione che, peraltro, Lorenzo Monaco condivide con Paolo Uccello.

È come se in questo passaggio tra due ere, questi pittori sentissero il nuovo; tra di loro c'è chi si fa portavoce radicale: da un lato un futurista che accoglie senza riserve la novità, dall'altro un mondo protetto, quello della lunga storia del Medioevo. Il pittore che più di tutti ha questa sensibilità intimistica, restio ad esplorare mondi nuovi, ma che vive in una dimensione lirica e tutta interiore, è Lorenzo Monaco. Lo si intuisce soprattutto nell'iconografia, che affronta un tema a lui caro e da tanti altri rappresentato: il miracolo di San Nicola, il quale così come aiuta le tre donne ad avere l'eredità buttando loro tre palle d'oro, così arriva e soccorre i naviganti in una nave che rischia il naufragio. Dipinto sul margine estremo della tavola, confinante col cielo, dà conforto ai naviganti in un naufragio rappresentato in quel mulinello di onde meravigliose che suggerisce un senso di movimento quasi futurista (mi viene in mente Balla), però contemporaneamente anche l'idea di una stabilità.

Quello che sta facendo San Nicola è rimettere tutto in ordine, raddrizzare la vela e consentire a questa barca avvinta dai flutti della tempesta di arrivare ad un buon porto. Tutto questo è costruito con una visione «a cavaliere» e quindi senza l'effetto prospettico che proprio in quegli anni Masaccio sperimentava. Pur essendo in condizione di farlo, Lorenzo Monaco si trattiene, architettando una soluzione di compromesso. Tale aspetto si ravvisa, in particolare, nel porto (che in realtà sembra un lago) con dei presìdi. Cosa non rara, chiunque vada su un lago, ad esempio il Trasimeno o il Bolsena, trova piccole cittadine che vi si affacciano, e similmente Lorenzo Monaco dipinge quei castelli sulla riva, segno della presenza umana. Il lago, ad un certo punto, si apre come se si potesse andare «oltre» ed immettersi in uno spazio aperto superando ipotetiche colonne d'Ercole. È questo senso di finitezza e protezione che incarna il paradigma cristiano della salvezza e della tutela che San Nicola offre ai naufraghi portandoli in un porto sicuro, uno dei tanti che si affacciano con torri e colonne al bacino d'acqua.

Il dipinto non è tagliato. La cesura superiore che chiude l'orizzonte è un taglio mentale, opera del pittore per offrire la percezione di un confine. Uno spazio che non si apre mai veramente verso un paesaggio; un cielo schiacciato su questa terra che dà il senso di un «oltre», come il colle infinito di Leopardi, dove l'immaginazione sopperisce i limiti della vista, proiettando la mente al di là di ciò che è sensibile e visibile. Una volontà costruttiva e compositiva che l'autore persegue con molta intenzione ed intelligenza dove, in questa prospettiva «a cavaliere», tutto funziona salvo un elemento sproporzionato: la chiesa, luogo che rappresenta in sé i valori spirituali e la sicurezza per l'uomo. In questo caso si ribaltano le proporzioni: la chiesa è più grande del castello malgrado quest'ultimo sia più vicino a noi. Quando mai una cosa vicina è più piccola di una lontana?! Ecco il Medioevo che non muore; è più grande quello che è più importante anche se ciò contrasta le leggi della natura e dell'ottica. E quindi quella chiesa non è più un semplice edificio ma la Chiesa che protegge e tutela.

Essa è il porto sicuro, la meta ultima a cui la barca in difficoltà anela di arrivare. Questo edificio è messo di traverso per rendere prospettiva e spazio nelle tre dimensioni rivelando la capacità di Lorenzo Monaco di dominare queste soluzioni come i pittori moderni. Al tempo stesso la Chiesa predomina su tutta la gerarchia dei valori spirituali, quindi è grande e non è un mero edificio di mattoni, ma è la Chiesa che protegge gli uomini. Allora quei naufraghi diventano simbolicamente l'umanità intera che ha peccato e, attraverso il conforto e l'intercessione del Santo, anelano al perdono e alla riconciliazione. In questo contesto San Nicola si configura come guida e protettore: l'uomo pecca, e quindi è in balìa delle onde, il santo lo aiuta e lo conduce a trovare la salvezza, porto sicuro e ristoro per l'anima.

La finezza del pittore si percepisce anche negli effetti della luce, aspetto importante perché arriva dall'alto, un altrove non definito, divino. La luce si riflette sul litorale, per cui su quella battigia c'è un effetto luminoso rispetto al grigio delle altre terre, tentativo di un naturalismo avventuroso e sperimentale, ma non fine a se stesso né preoccupazione ultima del pittore. Sono il valore simbolico, la qualità spirituale, il peso della gerarchia dei valori gli aspetti più importanti per Lorenzo Monaco. Ne è un efficace emblema quel castelluccio in primo piano, la cui presenza è quasi ironica, poiché serve a dire: le cose degli uomini sono periture, e il tempo e la misura dello spazio terreno sono relativi, l'unico spazio certo è lo spazio assoluto della Chiesa che è salvezza.

Quadro meraviglioso fortemente evocativo, quello di Lorenzo Monaco, che rappresenta, credo meglio di ogni altro, il tema del viaggio. Perché il viaggio è nel partire, il viaggio è nella barca che si dirige verso l'incertezza del suo destino e trova i flutti e la tempesta, rappresentati in maniera efficace e suggestiva dal pittore. Però poi improvvisamente il mare si calmerà e la barca tranquillamente troverà il suo approdo sicuro, andando verso la Chiesa. L'opera è intrisa di valori cristiani. C'è il viaggio, metafora della fede, il porto sicuro, la Chiesa appunto, e si respira tutto il fermento che la pittura toscana stava vivendo all'epoca: l'autunno del Medioevo che, da un lato, è la certezza dei valori in cui questo pittore crede e, dall'altro, l'orizzonte oltre il quale Piero della Francesca e Masaccio si dirigono. Lorenzo Monaco per la sua indole preferisce stare al sicuro in un mondo dove tutto è misurabile e controllabile.

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