Cronache

L'ultimo regalo alla Apple Quattro anni di successi con i prototipi firmati Jobs

Nei forzieri di Cupertino i prototipi di nuovi prodotti firmati dall’inventore. Giallo sui funerali, per alcuni già celebrati ieri, per altri in programma oggi

L'ultimo regalo alla Apple 
Quattro anni di successi 
con i prototipi firmati Jobs

Mentre l’editore Simon&Schuster anticipa di un mese l’uscita della prima biografia autorizzata di Steve Jobs, che è già best seller delle prenotazioni su Amazon e sarà disponibile nelle librerie americane dal 24 ottobre, la chiesa battista di Westboro - razzista, anti-gay, anti-ebraica, anti-islamica, anti-cattolica eccetera eccetera - annuncia che, come già fece per Michael Jackson, al funerale di Jobs organizzerà una protesta. La motivazione è la seguente: «Non ha dato gloria a Dio e ha insegnato il peccato».
E il Times dà notizia che Jobs ha lasciato in eredità alla sua azienda quattro anni di nuovi prodotti già pronti. Secondo il quotidiano londinese, infatti, il visionario che tutto il mondo, a parte gli ultrà battisti e pochi altri, ricorda con ammirazione e simpatia avrebbe confidato ad alcuni colleghi che nei forzieri di Cupertino c’è un «tesoretto» costituito da versioni base di nuovi aggeggi che portano la sua firma. E un dirigente della Apple ha detto al Times che l’iPhone5, sul mercato dalla fine dell’anno prossimo, sarà un oggetto capace di cambiare le regole del gioco. Insomma, un marchingegno postumo che farà imbestialire i battisti del Kansas e i pochi altri nemici giurati del fondatore di Apple.
I primi hanno annunciato il picchetto al funerale del satanasso buddista in jeans e dolcevita nero con un messaggio, inviato su Twitter da un iPhone, della loro leader Margie Phelps. A chi le ha fatto notare la contraddizione fra l’uso di quel telefonino e l’augurio dell’inferno per il suo inventore, la Phelps ha detto: «Ma l’iPhone l’ha voluto Dio».
Quanto agli altri nemici, la morte del genio californiano è stata accolta con giubilo, agli antipodi del cristianesimo nazistoide del Kansas, dal presidente della Free software association, Richard Stallman. Il padre dell’informatica-bene pubblico ha scritto sul suo sito: «Sono felice che Steve Jobs se ne sia andato. Tutti ci meritiamo la fine della sua influenza maligna sul computing. Apple ha fatto in modo che la gente non sappia più quali sono le sue libertà o che pensi di non meritarsele». Per Stallman, infatti, la Mela mangiata era ed è «l’impero del male» - peggio di Microsoft, Adobe e Facebook - perché non soltanto sostiene il software chiuso e immodificabile ma impone ai clienti vincoli ancora più stringenti di quelli fissati da Windows. Il leader della Fsa, che accusa Apple di controllare gli utenti, definisce Jobs «pioniere del computer inteso come prigione dorata». «Possiamo solo sperare - termina Stallman concedendo l’onore delle armi a Jobs - che i suoi successori, nel proseguirne l’eredità, siano meno efficaci».
E se il Times parla dei «regali» che il guru di Cupertino ha lasciato alla sua azienda, il New York Times ne racconta gli ultimi giorni: una cena giapponese insieme col suo più caro amico nel ristorante preferito di Palo Alto; un incontro con i più stretti collaboratori della Apple; qualche chiacchierata in salotto col suo biografo; ma soprattutto tanto tempo con la moglie Laurene e i quattro figli. Pienamente conscio della fine prossima e sempre più indebolito, Jobs aveva affidato alla moglie il compito di selezionare le visite dei tantissimi che avrebbero voluto salutarlo per l’ultima volta da vivo. E aveva iniziato una nuova terapia e ad alcuni amici aveva detto di avere qualche ragione di speranza. Col pensiero fisso dei figli. «Voglio che mi conoscano.

Non sono stato sempre con loro e voglio che sappiano perché, e che capiscano quello che ho fatto», ha confidato a Walter Isaacson, l’autore della sua biografia pronta per essere pubblicata che non ha mai chiesto di vedere in bozza.

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