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L'Unione africana chiede il "cessate il fuoco" Gheddafi accetta, ma i ribelli chiudono le porte

Una delegazione dell'Unione africana ieri a Tripoli per mediare e cercare una soluzione pacifica alla guerra, ma la Nato avvisa: "Tregua dovrà essere credibile e affidabile". Il piano di pace non piace ai ribelli libici. La Croce Rossa: "Almeno 6mila profughi stranieri bloccati a Misurata"

L'Unione africana chiede il "cessate il fuoco" 
Gheddafi accetta, ma i ribelli chiudono le porte

L'Unione africana, che dal 19 marzo cerca di mediare con Muammar Gheddafi il cessate il fuoco, sembra aver colpito - almeno in parte - nel segno. Il Raìs ha infatti accettato la road map proposta dall’Ua che prevede "la fine immediata di tutte le ostilità", agevolazioni per la consegna degli aiuti umanitari e il lancio del dialogo "tra i partiti libici" in vista di un periodo di transizione dei poteri. Un piano che non piace ai ribelli libici non hanno intenzione di negoziare senza il preventivo ritiro delle truppe di Muammar Gheddafi e il rispetto della libertà di espressione.

L'Ua a Tripoli Il Colonnello ha ricevuto sotto la sua tenda di Bab al-Aziziya, la delegazione dell’Unione africana composta dai presidenti Jacob Zuma (Sudafrica), Amadu Tumani Turé (Mali), Mohamed Ould Abdel Aziz (Mauritania) e Denis Sassu Nguesso (Congo), assieme al ministro degli Esteri ugandese, Henry Oryem Okello. Il vertice è durato diverse ore: al termine il leader libico è andato via traversando una folla di sostenitori radunati non lontano dalla tenda. Gheddafi si sarebbe detto disponibile anche al dispiegamento di un meccanismo di monitoraggio effettivo e credibile. Durante i colloqui si è parlato anche dell’addio al potere del colonnello. "Ci sono state discussioni in proposito, ma non voglio riferire nulla. Questo deve rimanere confidenziale", ha confermato il Commissario Ua per la Pace e la Sicurezza, Ramtane Lamamra. Il presidente sudafricano ha inoltre annunciato "un appello alla Nato per la fine dei suoi bombardamenti, in modo da dare una possibilità alla tregua". Gli altri membri della delegazione dell’Ua, secondo quanto si legge su alcuni organi di stampa internazionali, si recheranno invece a Bengasi per incontrare i capi dei ribelli e negoziare con loro una tregua.

I ribelli: "Via Gheddafi e trattiamo" Gli insorti hanno però ribadito che: "La gente deve essere autorizzata ad andare in strada per esprimere la propria opinione e i soldati devono tornare nelle loro caserme", ha dichiarato Chamseddine Abdelmaoula, portavoce del Consiglio nazionale di transizione (Cnt). "Se la gente si sentirà libera di uscire e di andare a manifestare a Tripoli, immagino che tutta la Libia sarà liberata in un lasso di tempo molto breve", ha aggiunto.

La posizione della Nato Una tregua è auspicata anche dalla Nato, ma, come ricorda il segretario generale Anders Fogh Rasmussen, "un cessate il fuoco deve essere credibile e includere una protezione efficace delle popolazione civile. Deve essere controllabile in maniera efficace". Il segretario generale, in vista della riunione del gruppo di Contatto che si terrà a Doha mercoledì, ha ribadito che "non ci può essere solo una risposta militare e che la Nato celebra tutti gli sforzi per fermare la violenza contro la popolazione civile". Certo, ha sottolineato, ogni soluzione deve rispondere alle legittime richieste di riforme politiche del popolo libico". Rasmussen ha poi definito quella della Nato una "azione vigorosa" ma "attenta e precisa" per "massimizzare gli effetti e minimizzare i danni". Azione con cui l’Alleanza atlantica "porta avanti il mandato dell’Onu per proteggere il popolo libico" e "in aperto contrasto con quello che fanno le forze pro Gheddafi che assediano e bombardano i centri civili, con una politica del tutto irresponsabile". Rasmussen si è detto "molto
preoccupato per le richieste di aiuto che ci arrivano dagli abitanti, terrorizzati, di Bengasi e Agedabia"

 Profughi stranieri a Misurata Intanto, il Comitato internazionale della Croce rossa è preoccupato per migliaia di profughi stranieri bloccati nel porto libico di Misurata. Il Cicr ha spiegato che questi profughi vivono sotto ripari di fortuna forniti da una delegazione dell’organizzazione internazionale che è potuta entrare per ventiquattro ore in città per valutare la situazione medica e le necessità più urgenti. Secondo la Mezzaluna Rossa libica, sarebbe tra 6.000 e 7.000 il numero di questi profughi originari dell’Egitto, del Sudan, del Ciad e di numerosi altri paesi.

Il Cicr, però, non è attualmente in grado di verificare questo bilancio.

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