Mondo

L'uomo dell'anno 2011? Il Time loda gli indignati e se la prende con il Cav

Dalla Primavera araba ai manifestanti di Wall Street, il magazine Usa incorona gli indignados: "Una rivolta più drastica della caduta del Muro di Berlino". E attacca Berlusconi: "Un adultero impenitente"

L'uomo dell'anno 2011? Il Time loda gli indignati e se la prende con il Cav

Non ci sarà un politico, quest'anno ha vinto l'anti politica. Non ci sarà nemmeno un volto noto della letteratura, di Hollywood o delle major discografiche, quest'anno si è imposto di prepotenza lo sguardo carico d'odio nascosto da un passamontagna, da una kefiah o da un casco - un non volto, insomma. Né troveremo l'icona di un ideale capace di cambiare il mondo, quest'anno c'è spazio solo per la lotta ideologica al sistema. E' la protesta a conquistare la copertina Person of the year 2011 della rivista americana Time. Quella stessa protesta che avrebbe portato alle dimissioni di Silvio Berlusconi da presidente del Consiglio: "Era come Nerone: mentre tutto intorno bruciava, lui suonava la cetra".

Negli ultimi anni era toccato al presidente Barack Obama e al padre di Facebook Mark Zuckerberg, quest'anno a tutti quei rivoluzionari che sono scesi in piazza per ribaltare le dittature del Nord Africa, per attaccare il cuore della finanza statunitense e per bocciare la vittoria elettorale di Vladimir Putin. The protester ha il volto nascosto da un pesante cappello di lana e si schermisce con una sciarpa che nasconde i lineamenti. E fissa: guarda il nemico dritto negli occhi. Si parte dalla Tunisia e dalla Primavera araba, fino ad arrivare al movimento di protesta "Occupy Wall Street", che ha fatto di Zuccotti Park la base della rivolta contro le banche e la finanza, e alle manifestazioni scoppiate in Russia all’indomani delle elezioni. Secondo il Time, i movimenti antagonisti del 2011 sarebbero stato ancora "più straordinari, più globali e più drastici" di quelli che portarono a infuocare le piazze nel Sessantotto e di quelli che portarono alla caduta del Muro di Berlino. Nel ripercorrere la cronologia dei grandi movimenti, il magazine arriva fino al 1848, quando una rivolta di tre giorni per le strade di Parigi trasformò una monarchia in una repubblica, e provocò un effetto domino di proteste a Berlino, Monaco, Vienna, Milano, Venezia e altre città del Vecchio Continente.

Tra i governi che sono caduti negli ultimi mesi, il Time ha un occhio di riguardo per l'Italia. E per Silvio Berlusconi, ovviamente. Il Cavaliere è stato inserito nella lista di persone che nel corso del 2011 hanno lasciato il segno. "All’inizio sembrava che Berlusconi fosse una versione moderna e non violenta dell’imperatore romano Caligola, un sovrano con ricchezze e appetiti sessuali sconfinati - ha commentato il Time - ma dopo il 2011 è più probabile che verrà ricordato come Nerone, l’infelice monarca che suonava mentre Roma bruciava". Dagli scandali mediatici alla stretta giudiziaria il magazine lancia un nuovo assalto all'ex premier reo di essere un "adultero impenitente". "La sua invulnerabilità è finita - fa la paternale il magazine americano - quando è stato chiaro che la sua presenza avrebbe aumentato le sofferenze dell’Italia, col rischio di trascinare dietro tutta l’Europa".

Da Zuccotti Park a piazza Tahrir, fino al cuore politico della Russia i punti di convergenza delle proteste sono i giovani borghesi e istruiti: E' grazie a lora, a detta del Time, che sono nate rivolte spontanee per ribaltare i governi al potere. "In tutto il mondo - spiega il magazine - le proteste del 2011 hanno condiviso la consapevolezza della corruzione e della disfunzione del sistema politico ed economico - finte democrazie che giocano a favore dei ricchi e dei potenti, per impedire ogni cambiamento significativo". Vent'anni dopo il crollo del comunismo, il Time festeggia "il fallimento dell'ostinato e gigantesco ipercapitalismo", incorona i manifestanti che chiedono un nuovo contratto sociale e loda i social network per aver dato ai rivoltosi la possibilità di incontrarsi e condividere le idee in rete. La rivista americana aveva già dato risalto alla "rivoluzione informatica" non solo con la copertina del 1982, dedicata al computer, ma anche l’anno scorso, quando nominò "uomo dell’anno" il giovane creatore di Facebook. Fa, però, sorridere che solo due anni fa il riconoscimento era andato a Ben Bernanke, presidente della Federal Reserve.

Quella stessa Federal Reserve contro cui i giovani manifestanti stanno scagliando il proprio odio per aver trascinato, insieme alle banche e alla finanza, le economie occidentali.

Commenti