Politica

Macché finiti, oggi gli elettori cristiani contano sempre di più

REPLICA Se Giordano Bruno Guerri avesse ragione, perché le ultime elezioni avrebbero punito i partiti più laicisti?

Partendo da un’affermazione (poi corretta) di Renata Polverini sulle coppie di fatto, Giordano Bruno Guerri ha sostenuto, sul Giornale di ieri, che il voto cattolico non ha più peso. Guerri ritiene che ormai, su questioni come matrimonio omosessuale, eutanasia, selezione genetica e procreazione assistita, gli elettori cattolici non seguano più la Chiesa. I credenti non si sentirebbero vincolati alla dottrina, espressione di gerarchie che non godono di un reale ascolto. Insomma: non è tanto il voto cattolico, nell’analisi di Guerri, a non contare più, quanto le gerarchie, e i politici farebbero bene a tenerne conto.
Se la realtà è davvero questa, rassegniamoci alla vittoria di Emma Bonino. Emma gode di una popolarità più antica e radicata di Renata, è considerata efficace ed affidabile sul piano amministrativo, ha una visione liberista che su una fascia dell’elettorato di centrodestra esercita un forte richiamo. Se avesse ragione Guerri, avrebbe ragione anche Franco Marini, che ha sostenuto la candidatura Bonino senza alcun imbarazzo, invitando i cattolici a votarla tranquillamente. Un eventuale governo di centrosinistra avrebbe la strada spianata, e nessuno potrebbe rinfacciare all’Udc l’ambiguità di certe scelte, come quella di allearsi con Mercedes Bresso in Piemonte.
Per fortuna del Pdl, le cose stanno diversamente. Sullo sfondo del ragionamento di Guerri, c’è la vecchia tesi del filosofo cattolico Pietro Prini sullo «scisma sommerso», secondo cui con la modernità si è creato un divario crescente tra la dottrina ufficiale della Chiesa e la coscienza dei fedeli, testimoniato anche dal voto dei cattolici su divorzio e aborto. Ma alla prova dei fatti, questa analisi non regge più. La postmodernità ha cambiato le carte in tavola. Di fronte a dilemmi nuovi, che solo apparentemente somigliano ai diritti civili degli anni Settanta, gli italiani si sono dimostrati molto cauti. Si può considerare l’embrione umano solo materiale da laboratorio? Avere un figlio è un vero e proprio diritto, che legittima il ricorso a qualunque tecnica? Selezionare geneticamente l’embrione sano, non equivale ad affermare che un disabile non ha diritto a nascere? La famiglia non dovrebbe essere composta da un uomo e una donna, con gli eventuali figli? Quando si è trattato di esprimersi sulla legge che regola la procreazione assistita, si è visto che qualcosa era cambiato. Lo scisma, infatti, si era verificato nel campo laico, e opinion maker indiscussi e influenti come Veronesi parevano non avere più truppe al proprio seguito. Altrettanto è accaduto con il Family day, quando la piazza laica, nonostante il richiamo esercitato da attori e cantanti famosi, era semideserta, mentre quella cattolica traboccava di un popolo tanto sereno quanto deciso a farsi sentire.
Se Guerri avesse ragione, inoltre, gli italiani non avrebbero punito, alle ultime elezioni, proprio i partiti a più forte caratterizzazione laicista, mentre il cattolicesimo «adulto» di Prodi si sarebbe dimostrato una carta vincente, e non un elemento di debolezza del suo governo. Non solo credo che il voto cattolico conti, ma che eserciti una funzione trainante, perché gli elettori moderati (quelli che fanno la differenza) sono tendenzialmente conservatori sul piano antropologico. Possono essere liberisti, ma non vogliono distributori di profilattici nelle scuole dei propri figli. Forse sono per l’abrogazione dell’articolo 18, ma difficilmente per l’eutanasia o per l’aborto fai-da-te.

E se sono cattolici, ascoltano la voce del Papa.
*Sottosegretario al Lavoro Salute e Politiche sociali

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