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"Macché furbetta, vivo a Londra per non fare la cameriera in nero"

Laura, 26 anni, assunta in una pizzeria. "Contratto regolare e contributi. A Napoli invece..."

"Macché furbetta, vivo a Londra per non fare la cameriera in nero"

da Londra

Laura Caiazzo è una che non ama starsene con le mani in mano. Quando è arrivata a Londra, un anno fa, ha trovato lavoro in una pizzeria dopo soltanto cinque giorni. Lei, ventisei anni e un diploma di maturità in tasca, fa parte delle migliaia di giovani italiani che hanno lasciato l'Italia alla volta del Regno Unito e che attualmente, dopo romeni e polacchi, costituiscono il terzo gruppo europeo più numeroso del Paese. Molti di loro non partono a cuor leggero, lasciano famiglia e amici per costruirsi un futuro che a casa ormai è diventato una chimera. Laura è partita un anno fa, abbandonando la sua «bellissima» Gragnano, poco lontano da Pompei, per trasferirsi nel quartiere di Southfields, a sud ovest della City. «L'ho fatto soprattutto per migliorarmi - racconta -, a Gragnano il lavoro non mi soddisfaceva più, non ero contenta, così ho preso il volo». Nella capitale britannica ha trovato un impiego immediatamente, cameriera in una pizzeria, lo stesso che faceva a casa. Ma allora che differenza c'è tra Londra e l'Italia? «Intanto qui sei tutelato - spiega Laura - a Gragnano lavoravo da cinque anni, ma i contributi mi sono stati pagati soltanto per due anni. Qui hai tutto, stipendio fisso, contributi pagati, assicurazione per infortuni sul lavoro, l'indennità di disoccupazione se dovessi perdere il posto...». Proprio quei benefit tanto apprezzati del welfare inglese sono finiti ora nel mirino del premier David Cameron, il quale ha annunciato tagli drastici non solo per i profughi ma anche per gli immigrati comunitari. «Non per quanto mi riguarda - assicura Laura -, per il momento sono tranquilla. Qui dopo tre mesi che sei residente hai diritto al sussidio di disoccupazione. E anche a molto altro, io nemmeno lo sapevo quando sono arrivata, quindi non ne ho approfittato...».Ma non sono soltanto condizioni di lavoro e benefit a far pendere la bilancia a favore dell'Inghilterra. «Qui la legge funziona - sostiene Laura - se ci sono delle regole, vanno rispettate. E a tutti vengono offerte le stesse possibilità e la possibilità di migliorare. Io ho fatto dei corsi, ho imparato l'inglese e adesso mi trovo bene». Tornerebbe in Italia, a Napoli? «Non ora, non nel nostro Paese attuale. Ho molta nostalgia, ma il mio futuro lo vedo qua, magari proprio nel settore della ristorazione, dato che ormai ho una certa esperienza. E ai miei coetanei consiglio di andare all'estero almeno per un periodo, di imparare la lingua e di buttarsi.

L'importante è scrollarsi di dosso la pigrizia».

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