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Mai voli così sicuri: un 2011 da record

Mai voli così sicuri: un 2011 da record

Oggi abbiamo (ancora) molta più paura a prendere un aereo che di trovarci davanti a una profonda e concretissima recessione economica. Non sappiamo quanti soldi avremo sul conto corrente a giugno dell’anno prossimo (-1,6 per cento la stima sul Pil 2012, senza contare che a Monti potrà tornare in mente la famigerata idea dei prelievi forzosi) o se avremo un lavoro, o se addirittura dovremo emigrare, come una volta, per averne uno, epperò ci angosciamo ben volentieri per l’infinitesimale probabilità che l’aereo che prenderemo a Capodanno precipiterà in mare. Paure paradossali, ataviche, infarcite di istinti animali. «Il volo è sempre una piccola morte» diceva Jean Baudrillard. La recessione, volendo, anche no.
Detto questo, c’è da stare tranquilli. Il 2011 - fatto salvo enormi catastrofi dell’ultimissima ora - sarà ricordato come l’anno più sicuro di sempre per i voli aerei civili, come ha rilevato l’indagine di Ascend, società britannica (con sede guardacaso ad Heathrow) che quasi da cinquant’anni si occupa di statistiche e consulenze in ambito aerospaziale.
Negli ultimi dodici mesi si è registrato un solo morto ogni 7,1 milioni di passeggeri: in totale 401 fino ad oggi. Cento persone meno di quante può imbarcarne un Boeing 747, la metà di quante ne trasporta un Airbus A380. Un record al ribasso. Nel 2004, è vero, i passeggeri deceduti in incidenti aerei, terrorismo escluso, furono 344, ma c’è da considerare che - secondo Ascend - quell’anno hanno voltato il 30 per cento in meno di viaggiatori rispetto ad oggi, e su meno voli. «Il comparto della sicurezza - ha detto al Wall Street Journal uno dei direttori della Ascend, Paul Hayes - cresce più veloce della stessa industria dell’aviazione».
Quella di Hayes non è mera propaganda per dare un’ultima botta agli avio-consumi natalizi e festivi: di fatto nel 2011 si è verificato soltanto un incidente «grave» ogni tre milioni di voli. Detto altrimenti, la sicurezza ha fatto un più 49 per cento rispetto all’anno scorso. Performance tre volte migliore dei quella del 2001 (fonte IATA, la stessa Associazione Internazionale per il Trasporto Aereo che assegna i codici di tre lettere agli aeroporti per identificarli su scala mondo e che collima questi dati fin dagli anni Quaranta).
Questi numeri, però, riguardano aeroplani costruiti in Occidente. Se ci mettiamo quelli assemblati in Russia et similia, la statistica sale: due incidenti ogni milione di voli (ieri, per esempio, a Osh, nel sud del Kirghizistan, un bimotore TU-134 ereditato dal crollo dell’Unione Sovietica è finito fuori pista per un’avaria: 17 feriti).
Altro record di questa fine anno: il periodo più lungo dell’aviazione civile senza un singolo incidente fatale. L’ultimo è stato in Papua Nuova Guinea, il 13 ottobre scorso: 28 morti nello schianto di un turboelica Dash 8 della locale compagnia Png. Da allora, nessuno è morto su un aereo capace di imbarcare 14 o più passeggeri. Per ritrovare un periodo di sicurezza così lungo (61 giorni) dobbiamo tornare al 1985, come racconta Harro Ranter, presidente della Aviation Safety Network.


E dobbiamo tornare ancora più indietro, agli anni Sessanta, per ritrovare un Occidente così innamorato dell’aviazione: c’è molta attesa, in Italia, per la vintage-fiction Pan Am, in arrivo via satellite il 9 gennaio; gli accessori per frequent flyers stravendono; la classifica delle lounge più chic è seguita dai globetrotters più che quella del campionato di calcio. Ma allora perché quel brivido, quando ci allacciamo le cinture?

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