Controcultura

"Martin Eden" è l'Italia che osa

"Martin Eden" è l'Italia che osa

Film entrambi visionari, l'italiano Martin Eden, di Pietro Marcello, e l'americano Joker, di Todd Phillips, si sono ritrovati come incomodo, a questa 76ª Mostra, la Storia con la esse maiuscola incarnata dal J'accuse di Roman Polanski, «grande vecchio della cinematografia». Ne è uscito un verdetto che, pur lasciandoci un po' con l'amaro in bocca (soltanto la Coppa Volpi per la miglior interpretazione maschile a Luca Marinelli), rispecchia in fondo i valori in campo. Todd Phillips vede sacrificato il suo magnifico Joaquim Phoenix, il Joker più Joker mai visto, ma si aggiudica il Leone d'Oro alla regia; Polanski si ritrova un Gran Premio che lo ripaga anche delle polemiche più o meno pretestuose che l'avevano visto protagonista ancor prima che il festival prendesse il via.

L'amarezza relativa a Martin Eden è da addebitarsi anche al fatto che da anni la nostra cinematografia aveva abdicato all'idea di film epici per contenuti, ambientazione, orchestrazione. Ci eravamo insomma assuefatti ad applaudire, con più o meno convinzione, opere autoriali, riflessioni metafisiche, bozzetti di vite coniugali, ricostruzioni nazionali e però ombelicali... Adesso invece, pur con incertezze e ingenuità, ci si è trovati di fronte a un'opera che rivaleggia con i grandi affreschi storici europei e d'Oltreoceano, e lo fa con intelligenza, rischiando se mai per eccesso. Sotto questo punto di vista, la scelta del testo più estremo, quanto a immaginazione e contenuto, di Jack London, è anche la riprova di un talento autoriale portato a cimentarsi con le grandi sfide. Quarantenne, un passato soprattutto di documentarista, Pietro Marcello è uno dei registi più interessanti del nostro cinema e indica come sia possibile una strada italiana all'insegna dell'osare!

L'Italia si porta a casa comunque anche un Premio Speciale della Giuria per La mafia non è più quella di una volta, di Franco Maresco, e qui vale la pena di fare un inciso, tanto più se si guarda anche al Leone d'Argento andato a About Endlessness, di Roy Andersson. Sia l'uno che l'altro vincono un po' rifacendo sé stessi, con più stanchezza che freschezza, ma entrambi fanno parte di quel gusto cinefilo, da amatori, più che da spettatori, da cui ogni Festival del Cinema non può prescindere, a patto di non abusarne.

Da segnalare ancora, ma questa volta nella casella delle scelte non convincenti, è la Coppa Volpi al femminile a Ariane Ascaride, protagonista di Gloria Mundi, di Robert Guédiguian, non perché non si tratti di un'attrice di tutto rispetto, ma perché, sia detto con affetto, interpreta da anni lo stesso ruolo. Discutibile anche il Leone per la miglior sceneggiatura a You Fan per il suo No7 Cherry Lane, film d'animazione interessante, ma niente di più.

Ricapitolando, la giuria presieduta da Lucrecia Martel, e dove c'era il nostro Paolo Virzì, ha saputo ben districarsi in una competizione dove i film premiati avevano comunque concorrenti di tutto rispetto e fra cui vale la pena di ricordare Ema, di Pablo Larraín, e Saturday Fiction di Lou Yee. Nell'insieme, una buona Mostra e sarebbe ora che avendo dimostrato di saper scegliere i film, il Festival si applicasse a scegliere meglio il contorno: luoghi, cibi, spazi.

Il Lido, per dirla in breve.

Commenti