Cultura e Spettacoli

Matt Damon ciccione: «Ho fregato l’Fbi con pancia e parrucca»

VeneziaIl talento di Mr. Damon, verrebbe da dire, parafrasando il titolo di un suo fortunato film ambientato in Italia. Oddio, gli attori americani, sin dai tempi del De Niro di Toro scatenato, ci hanno abituato a diete ipercaloriche da schiantare il fegato se il ruolo lo richiede. Solo che Matt Damon, protagonista assoluto di The informant! (d’obbligo il punto esclamativo), ci ride sopra. «Com’è stato prendere otto chili? Facilissimo. E anche piacevole. Ho mangiato per qualche mese tutto quello che mi passava davanti o di cui avevo voglia. Non capita spesso. Di solito ogni volta che c’è da girare un film mi spediscono in palestra. Qui è stato l’esatto contrario».
Tranquille, signore e signorine. Damon ha già recuperato una forma fisica perfetta. T shirt nera su pantaloni grigi, il bostoniano attore 39enne asceso al successo planetario incarnando il tosto Bourne nella celebre trilogia d’azione dispensa sorrisi e autografi in quantità. Non sarà Brad Pitt o George Clooney, compagni di furto nella saga di Ocean, ma il suo nasino squisitamente yankee va forte in questa Mostra un po’ a corto di star classiche. Nel film di Soderbergh, passato ieri in concorso, gli tocca indossare i baffi e pure un parrucchino, che ogni tanto, nell’incedere degli eventi buffi e terribili, rischia di staccarsi dalla testa del personaggio. Veramente esistito. Si chiama Mark Whitacre, ha scontato nove anni di carcere per frodi varie, e The informant! ne racconta, in chiave di commedia, le gesta a un passo dall’incredibile. Biochimico e uomo chiave di una multinazionale agroalimentare, tra il 1992 e il 1995 collaborò con la Fbi per smascherare un accordo di cartello sui prezzi rubando alla stesso tempo alla sua compagnia qualcosa come 11 milioni di dollari: vittima di un disturbo bipolare che si tradusse - ma sarà stato vero? - in un’incredibile serie di falsità e incoerenze.
«Ci vuole molta energia per mentire, io non ne sarei capace, lo scoprirebbero subito: mi si legge in faccia», confessa l’attore. «Mark è davvero un tipo strano, a suo modo geniale: inventa d'essere stato adottato, picchiato, pure rapito, aiuta i federali a piazzare microfoni e telecamere ma poi si fa beccare per delle firme contraffatte. Ogni volta sembra farla franca. Elabora fantasiose bugie, si atteggia a ingenuo. Finché non lo inchiodano alla verità e gli dicono "Basta!". Una scena difficile da girare, tutta in primo piano. Ma è venuta bene, no?».
In effetti il film è divertente, scoppiettante, e giustamente non scioglie l’enigma attorno alla bizzarra sindrome dell’uomo, che non sai mai se prendere per furbo o idiota. Damon, al pari di Soderbergh, non ha voluto incontrare il vero Whitacre, per sentirsi più libero di costruire il personaggio. «Ne ho avuto di tempo per prepararmi. Sette anni, tanto c’è voluto per far partire il progetto, ma poi abbiamo girato tutto il film in poco più di un mese, a ritmi forsennati, roba da otto pagine di copione al giorno. Forse solo Clint Eastwood lavora altrettanto velocemente».
Se Damon rivela per scherzo che porterà «un po’ di Mark Whitacre in tutti i miei ruoli futuri», Soderbergh spiega di aver scelto questa storia al di là del contesto politico-economico. «Non mi interessava più di tanto denunciare la corporation corrotta: è la mente dell’uomo che mi incuriosisce, il suo comportamento per certi versi squisitamente americano». Il regista di Erin Brockovich ha una sua teoria sulla bugia: «Mentire è salutare, a dire sempre e comunque la verità finiremmo con l’ucciderci. Poi dipende dal livello della bugia. Ci sono quelle veniali, del tipo: “Questo abito ti sta benissimo!” o “magnifico il tuo film”; e quelle gravi, come scatenare una guerra inventando armi di distruzione di massa che non esistono. Ma in fondo dai politici me l’aspetto, anzi forse lo pretendo».


Poi Damon passa a tempi più scherzosi e, ai microfoni di «Studio aperto», il tg di Italia 1, gioca sulla presunta omosessualità di George Clooney e dice ridendo: «Potrebbe essere un’opportunità per George venire a Venezia con il fidanzato e rendere la sua storia ufficiale».

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