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McDowell fa arrossire l’America

Graeme McDowell, baldanzoso nordirlandese di Portrush, è il nuovo re golfistico d'America. Sul mitico percorso di Pebble Beach in California, Graeme ha vinto lo US Open (prima moneta da 1.350.000 dollari), il titolo al quale gli americani tengono di più e che soffrono se qualche extra-yankee, non adottato dal loro Tour, glielo porta via. Figuriamoci poi se è un europeo! Ed è proprio quello che è successo domenica scorsa: non succedeva da quarant'anni da quando il fuoriclasse inglese Tony Jacklin alzò la coppa ad Hazeltine nel 1970. Fatto storico come storica è la vittoria del campione irlandese che è riuscito - quasi impassibile - a reggere la pressione, a sconfiggere i migliori giocatori al mondo e a non farsi intimorire più di tanto da un percorso preparato in maniera «cattiva» e sadica come è nello stile della Federazione statunitense che sogna solo di mettere alle corde la crema del golf mondiale.
Cinque successi nel Tour europeo - tra i quali l’Open d'Italia del 2004 -, l'ultimo due settimane prima della trasferta americana nel Celtic Open in Galles sede della prossima Ryder Cup. E proprio nell’ultima Ryder il «debuttante» McDowell, 31 anni, portando a casa 4 punti su cinque match giocati deve essersi reso conto definitivamente di essere all'altezza dei migliori al mondo.
A Pebble Beach tutti si aspettavano, a dir poco, la consacrazione a re e a numero 1 al mondo di Phil Mickelson,il suo sorpasso su Tiger ancora alle prese con i suoi guai e con il conseguente calo di concentrazione e di rendimento. Phil ha dato l’impressione di potercela fare dopo un secondo giro da manuale, in 66 colpi, ma nel terzo le cose non sono andate per il verso giusto proprio mentre si rivedeva un Tiger aggressivo e convinto come ai tempi d’oro. Ed anche Ernie Els, il sudafricano due volte vincitore del titolo, tornato in gran forma si portava in alta classifica ed in corsa. Ma in vetta alla classifica dopo le 54 buche spiccava il nome di Dustin Johnson, rampante 25enne americano. Era lui l'uomo da battere con i suoi tre colpi di vantaggio su di un solidissimo ed impavido McDowell, 5 sul ritrovato Tiger, con Els ed il sorprendente francese Havret subito dietro e Mickelson, in agguato, distaccato di 7 colpi che a Peeble Beach ci vuol niente a guadagnarli o perderli. Detto fatto: Johnson «rompe» subito e dopo 4 buche è già bello che cotto. Tiger, Els e Mickelson son pronti a tornare sugli scudi ma anche loro pasticciano, chi prima chi dopo, su di un campo che non ammette il minimo errore e dei green modello biliardo ondulato. Chi sbaglia meno vince ed il gelido Graeme, pur restituendo i tre colpi guadagnati sul campo nelle prime tre giornate, non aggredisce il percorso, lo rispetta e deve solo controllare un fantastico Havret che gli tiene testa sino all’ultimo. Tutti i conclamati big sono crollati, snervati da un campo che li ha battuti tanto quanto l'irlandese. La prova? Nessun giocatore è riuscito a chiudere il torneo sotto il par!
Due parole sul bravissimo Edoardo Molinari che ha passato il taglio, è risalito nel terzo giro sino al 16° posto ma che sulle ultime 18 buche, forse stremato di nervi e concentrazione, ha mollato chiudendo 47° ma almeno con la soddisfazione di aver giocato spalla a spalla con un mito quale Tom Watson e di essersi unito all'applauso-ovazione che ha accolto il grande campione all'arrivo sull'ultimo green. Una emozione, ne sono certo, che Edoardo non dimenticherà presto. Un'altra certezza.

Passerebbe da incompetente chi criticasse il risultato di Edoardo ed anche di Francesco che, stanco da troppi tornei, non ha passato il taglio. Averne di Molinari!

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