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Le medaglie azzurre trionfi in bianco e nero

Le medaglie azzurre trionfi in bianco e nero

S fogliamo l’album e teniamocelo stretto. Diciamolo a quelli che non capiscono l’indifferenza al bianco o nero. L’estate dello sport ci ha regalato fantastici sorrisi e bellissime medaglie. Guarda guarda: in bianco e nero. Veramente il colore andrebbe distinto in oro, argento e bronzo. Non altro. Poi mettiamoci nomi: alcuni spiccatamente italiani, altri non proprio tradizionali. Una volta si definivano esotici. Rendiamo grazie a scherma, nuoto, ciclismo e atletica che ci hanno fatto sorridere e soffrire e ricondotto alla realtà dello sport. Non c’è colore o diversità: basta vedere ragazzi in gamba, che si battono, vincono o perdono, ci mettono il cuore. Il cuore non ha colore, è il simbolo di un credo. In Italia eravamo abituati ad un monocolore, con sporadiche incursioni di atleti venuti da altre realtà o nati da genitori di altro Paese. Però campioni che hanno lasciato il segno. Ne citiamo tre, non a caso: Carlton Myers, fra l’altro portabandiera olimpico; Fiona May fantastica nel salto in lungo ed ora con figlia-erede niente male; Sumbu Kalambay il peso medio, divenuto campione del mondo, e che nella tecnica aveva poco da invidiare a Nino Benvenuti. Oggi, invece, siamo tifosi di un’Italia diversa, più universale, definitela pure globale.

Ci restiamo male se Yemen Crippa non riesce a conquistare il bronzo nei 5000 metri, oppure se le ragazze della 4x400 falliscono l’obbiettivo medaglia. Il mondo dell’atletica si nutre di questa Italia. Come ha detto di recente Filippo Tortu sulle ragazze della 4x400. «Sono nere? Non mi ero accorto, eppure ci alleniamo sempre insieme». Ci voleva un ventenne per spiegare come si vive nello sport il gioco del bianco e nero. Ieri domenica d’agosto, ancora una volta il nostro black and white ci ha fatto tifare, sognare ed esultare: un ragazzo bergamasco, con radici marocchine, bronzo nella maratona e un ciclista trentino, reduce da otto mesi di sofferenze, campione d’Europa. Nelle settimane passate ci siamo goduti le imprese dei ciclisti su pista, la pioggia di medaglie del nuoto e quelle della scherma. L’atletica ci ha ricordato di essere lo sport con la più ampia multietnia ed oggi il medagliere racconta che bisogna ringraziare quelle famiglie che non vedono colori diversi. Inutile domandarsi se la ragazza o il ragazzo sia nato a Roma oppure in un paesino etiope. Seppur sia vero che nelle gare del mezzofondo l’origine africana aiuta per ragioni di Dna. Il calcio ha carezzato l’idea di mettere al braccio di Mario Balotelli la fascia del capitano. Ma quella bisogna meritarla anche con i comportamenti. Non conta il colore della pelle. Contano bravura, talento, cuore e senso dell’appartenenza. Solo così sei italiano vero nello sport.

E nella vita.

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