Cronaca locale

La «Memoria» di Valentini un’esplosione di speranza

Elena Pontiggia

Milano detiene il poco invidiabile primato di essere la città italiana, e forse europea, che vanta i peggiori monumenti pubblici. La maggior parte delle sculture che allietano (si fa per dire) le piazze cittadine sarebbe meglio che non fossero mai state erette, o comunque che venissero sostituite da qualche aiuola o albero. I quali sono senz'altro più belli e carichi di significato di certe opere cosiddette d'arte. Una felice eccezione è rappresentato dal monumento di Walter Valentini dedicato alla Divisione di Fanteria Vicenza, recentemente collocato in piazza Sant'Ambrogio. La scultura ha una vicenda singolare. È stata donata alla città da Lillo Mangano, uno dei pochi superstiti della Campagna di Russia. Nato a Catania nel 1921 e scomparso a Milano nel 2002, Mangano (un ingegnere che per tutta la vita si è dedicato alla divulgazione del design, soprattutto finlandese) voleva così ricordare quella piccola e coraggiosa Divisione, formata da due soli reggimenti di fanti, quasi tutti milanesi e lombardi, tanto che veniva chiamata ironicamente Divisione Brambilla. Priva di artiglieria, senza nessun mezzo corazzato, la Vicenza era destinata alle retrovie, ma nel dicembre 1942 fu inviata in prima linea sul fronte del Don per sostituire la Julia e subito dopo venne coinvolta nella ritirata, che iniziò nel gennaio 1943. Il 26 gennaio partecipò alla sanguinosa battaglia di Nikolajewka contro le preponderanti forze sovietiche e si distinse per il suo eroismo. Si salvarono solo in 1300. Del resto, fra tutti i corpi inviati in Russia, la fanteria conterà il minor numero di superstiti. La grande scultura di Valentini, un bronzo patinato alto tre metri e mezzo, non ha nulla di monumentale nel senso deteriore del termine. Rigata da una trama di segni geometrici e spezzata al suo interno da una sorta di esplosione, fa pensare a due gigantesche Tavole della Legge, che rivelano un rapporto misterioso fra ordine e violenza, tra ragione e irrazionalità. Marchigiano di nascita (Pergola, Pesaro, 1928) Valentini ha sempre mantenuto nel suo lavoro, condotto nei modi dell'astrattismo geometrico, un'impercettibile ascendenza classica. I segni che si incidono sulla superficie delle sue opere sembrano il progetto di una città ideale, che però si interrompe bruscamente, come se l'architetto non fosse più capace di costruirla. Anche questa scultura, che si intitola Memoria, si imposta su una geometria incompiuta. Questa volta, però, l'interruzione non sembra dovuta al progettista che improvvisamente rinuncia al suo sogno di armonia, ma a un evento esterno: un avvenimento traumatico, inatteso, che impone la sua presenza ineluttabile. Come spesso accade nella vita.
Il sentimento che pervade l'opera, comunque, non è tragico, anche perché l'esplosione intensifica la presenza della luce.

E lascia, forse, un segno di speranza.

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