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Il mercante di diamanti pop che "assicura" la vecchiaia

Si è inventato il business delle pietre preziose per (quasi) tutte le tasche. Con lui fanno affari casalinghe e pensionati

Il mercante di diamanti pop che "assicura" la vecchiaia

Un diamante è davvero per sempre? Forse. Ma forse no. Un diamante è per almeno cinque anni. Dimenticate l'idea di gioiello. Scordatevi il solitario che ogni donna vorrebbe esibire con le amiche. Lasciate perdere la contemplazione della purezza del «brillocco». Non fatevi nemmeno venire in mente il romanticismo, guai. È il business, bellezza. Ma non è un affare riservato solo ai megaricchi. Facile identificare il diamante come «cosa» solo per chi ha grandi disponibilità economiche. E invece può essere un investimento alla portata di tutti. Bastano 3.800 euro per acquistare una pietra da investimento per poi ritrovarsi tra qualche anno un gruzzoletto da parte.

Il pioniere italiano di questa forma di investimento solo in apparenza particolare, è Maurizio Sacchi. Un imprenditore innovativo ma vecchia maniera. Uno di quelli che si è fatto da solo, partendo dal basso. «Dopo la laurea mi proposero di fare il promotore finanziario. Avevo due possibilità: un grande gruppo o uno appena nato. Scelsi il secondo, anche se le riunioni le facevamo al bar». Fino a quando, quasi per caso, arriva l'idea: fare business coi diamanti. La svolta. La propria macchina come ufficio, una valigetta con il «prodotto» e via, su e giù per l'Italia a proporre l'affare in giro. Alle banche soprattutto. «Quante porte in faccia che ho preso», confessa. Ora però è tutto diverso. E Sacchi si è preso le sue rivincite. «Prima ero io a cercare le banche e a proporre questa forma di investimento. Ora sono loro che cercano me. Soprattutto per quanto riguarda il prodotto di base, quello rivolto a tutti».

Nessuno ci aveva pensato. Lui ha avuto l'idea e il coraggio di crederci. Da promotore finanziario a dirigente di un'azienda specializzata, fino a mettersi in proprio con la «Diamond Private Investment». Era il 2004. Sacchi un imprenditore ruspante. Accentratore, decisionista ma capace di fare gruppo. Una moglie che lo appoggia e due figli che lavorano con lui. «Ma hanno iniziato dalla gavetta, mica hanno trovato la pappa pronta», specifica. Un pizzico di follia, tanta fiducia et voilà. Oggi la sua azienda ha 25 dipendenti, 70 consulenti che diventeranno 100 entro la fine dell'anno, oltre 12.000 sportelli convenzionati in Italia e un volume d'affari che è cresciuto esponenzialmente negli ultimi anni: 70 milioni di euro nel 2014, 140 lo scorso anno e una previsione di fatturato per il 2016 di ben 600 milioni di euro. Da Ancona alla conquista d'Italia. Dalla sua macchina-ufficio ai più prestigiosi fondi di investimento. Senza dimenticare operai e casalinghe.

Nella sua vita ne ha viste tante. Di persone e di pietre preziose. «Nel 1999 ne ho venduta una da 17 carati a un miliardo e 700 milioni di lire. Un cliente ha voluto acquistarla per regalarla alla moglie in occasione del cinquantesimo anniversario di matrimonio». Il nome? Non lo svela nemmeno sotto tortura. Ma il senso del suo business è principalmente un altro. Un diamante può essere per tutti. Democratico e popolare. «La base della nostra scelta è stata quella di democratizzare l'investimento. Bastano meno di 4mila euro e non bisogna pensare di specularci subito. È una cifra da mettere lì, dimenticare quasi di averla. Così si può patrimonializzare a dovere. Perché il diamante al momento è un investimento certo per dare una sicurezza per il futuro». C'è chi ci ha creduto, da subito. E ora può godersi il suo gruzzolo. «Il nostro primo cliente ha fatto un investimento consistente, 70mila euro. Dopo 10 anni si è ritrovato con un valore di 108mila euro, una crescita del 4,10% ogni anno. Quale altro prodotto finanziario può dare lo stesso rendimento senza avere di fatto nessun rischio?».

I diamanti però si portano storicamente dietro miti e leggende negativi. Basti pensare al film con Leonardo DiCaprio Blood diamond, diamanti di sangue, in cui si critica la disumanità del profitto a tutti i costi legato alle pietre preziose. «I diamanti da investimento sono completamente etici. Sono certificati dagli unici due istituti autorizzati al mondo, Anversa e New York, e rispettano la risoluzione Onu che ne garantisce la lecita provenienza. Appositi funzionari seguono la pietra dalla miniera fino ai luoghi in cui vengono lavorati e tagliati per poi essere messi in commercio».

Un business non convenzionale, in un Paese in cui chi fa impresa si trova quotidianamente di fronte a difficoltà di ogni genere. E dove la ricchezza viene troppo spessa vista come qualcosa di cui vergognarsi. «I soldi che ho, me li sono guadagnati. Non ostento il mio benessere ma di certo non me ne vergogno. Se ho una barca, una bella casa o una bella macchina è solo perché sono stato bravo. Eppure in Italia chi fa l'imprenditore è considerato un ladro. Paghiamo le tasse, seguiamo le regole, il pagamento in contanti è vietato ed è tutto tracciabile. Sa quante volte mi hanno consigliato di trasferire la mia attività all'estero? Non ci penso nemmeno. Sono italiano e lavoro qui. Anche se le tasse sono alte e la burocrazia è insopportabile. Mi converrebbe, ma così mi sento anche più trasparente e credibile verso i miei clienti». Coraggio, costanza e un made in Italy da esportare. Perché la prossima missione è quella che questo signore chiama la «conquista dell'Europa». Inghilterra, Svizzera, Austria, Germania, Francia e Spagna. «Cresciamo, creiamo ricchezza e offriamo lavoro. Di questo sono fiero». Senza stare mai fermo perché come ama ripetere «bisogna guardare avanti e migliorarsi sempre, anche se ho 60 anni. In pensione? Guai! Per me la vita è lavorare».

Il De Andrè che cantava «dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori» è e rimane un maestro della poesia in musica. Ma dimenticate Faber e la poesia. E pure la musica. Dai diamanti di Sacchi nasce il business. E, per chi vuole (e può...

), un tesoretto mica male.

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