Rubrica Cucù

La mi porti un "bascione" a Firenze, ma sottovoce

È la ventesima vol­ta che sento la signora accanto nel Freccia rossa accomiatarsi al telefono con il suo bacioso affetto. Forse è una parlamentare o un avvocato, non so. Certo è una incontinente telefonica...

La mi porti un "bascione" a Firenze, ma sottovoce

Bascioni, bascioni. È la ventesima vol­ta che sento la signora accanto nel Freccia rossa accomiatarsi al telefono con il suo bacioso affetto. Forse è una parlamentare o un avvocato, non so. Certo è una incontinente telefonica. Per non disturbare il prossimo non ha la suoneria ma poi declama per orate inte­re il suo rapporto d'amore con il cosmo e tutti ormai conosciamo la sua vita nei minimi particolari. Non riesci a leggere né a scrivere vicino a lei. Ti devi occupa­re delle sue scarpe che ha comprato sta­mani, della sua allergia al polline con la telecronaca dei sintomi; dove va stasera a mangiare, che dice Arturo, il suo pove­ro sottoposto, marito o domestico non so.

Tu speri: ora arriva in zona gallerie e qui finalmente il telefono non prende. Il suo telefono invece prende, e se non prende, lei non capisce e continua a par­lare e a distribuire bascioni. Se cade la linea, lei riprende e ridice la stessa cosa, la terza, la quarta volta; per sbrigarsi vor­resti riassumere tu, voce fuori campo, le puntate precedenti. E prima di accorger­si che è caduta la linea, continua sorpre­sa a dire pronto, pronto, sei, sette volte. Ma non capisci, gallina, che è caduta la linea? O che è caduto il tuo ascoltatore sotto le raffiche della tua logorrea? E in­vece a te non cade mai la lingua, male­detta.

Impedito a svolgere qualsiasi atti­vità, mi raccolgo in me stesso, chiudo gli occhi, cado in trance ferroviaria. Penso di alzarmi e sferrarle un pugno in bocca, magari facendole ingoiare la bestia, il cellulare. Pregusto la scena nei minimi dettagli, lei è una signora distinta, tirata a puntino. Sarà bello vederla ricondotta alla primitiva bestialità. Poi decido di al­zarmi, le tolgo con rapida mossa il telefo­no e glielo butto via dal finestrino. La signora mi guarda interdetta, non ha pa­role, io le dico solo bascioni bascioni. Silenzio attonito nel vagone. Lei chia­ma il capotreno, cerca solidarietà intor­no ma la gente mi applaude come un giustiziere. Vivo la gloria del liberatore. Fino a che qualcuno mi dice: già visto il biglietto? Mi ero addormentato, sogna­vo. Torno alla dura realtà.

La signora sta distribuendo per la quarantesima volta bascioni, bascioni.

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