Cronache

"Migranti? Torni il patto Italia-Libia del 2009"

Il nuovo governo di Tripoli rilancia l'intesa con Berlusconi condannata dall'Ue

"Migranti? Torni il patto Italia-Libia del 2009"

Roma «Per risolvere la questione dei migranti Tripoli ha bisogno dell'Europa, rilanciamo l'accordo del 2009 con l'Italia, che era perfetto». Ahmed Maiteeq, vicepresidente del Consiglio presidenziale insediato a Tripoli con l'appoggio della comunità internazionale, è la voce della nuova Libia, ma riparte da un'intesa conclusa dal vecchio regime di Gheddafi, con l'allora governo Berlusconi. Il patto sui «respingimenti», processato e condannato dall'Europa ma che, a quanto pare, sta per essere rivalutato. Maiteeq lo ha auspicato ieri a una tavola rotonda sugli ultimi trent'anni di storia libica organizzata a Roma dalla Fondazione Craxi che, per voce di Stefania Craxi, ha lanciato un monito sul rischio di un'escalation del confronto tra le fazioni in lotta in un Paese «con 200mila combattenti e 240 milizie». Un'escalation che, come detto con chiarezza nel dibattito da vari esponenti politici, da Franco Frattini a Fabrizio Cicchitto, chiama in causa la responsabilità della Francia che, attraverso l'Egitto, appoggia il grande nemico del governo provvisorio libico, il generale Haftar. Maiteeq non nomina Parigi, ma ammette che «alcuni governi invece di dialogare con i libici pensano di poterli controllare attraverso i Paesi vicini».

Cosa dovrebbe fare l'Europa?

«Sostenere il Consiglio presidenziale come ha fatto l'Italia. C'è invece chi esalta il generale Haftar, che si presenta come unico in grado di battere l'Isis. Ma nessuno dice che le sue truppe non avanzano da tre anni. Le nostre invece hanno lanciato un'offensiva da Misurata e sono avanzate di cento chilometri verso Sirte, roccaforte di Daesh. Alla fine anche Al Sisi capirà che l'unica soluzione è il Consiglio presidenziale. La sicurezza di quest'area del Mediterraneo passa attraverso una collaborazione economica che metta in campo le nostre risorse energetiche, la manodopera tunisina ed egiziana e le piccole e medie imprese italiane».

Che aiuto avete chiesto a Italia ed Europa per l'emergenza migranti?

«Mezzi e addestramento per la nostra Guardia costiera, distrutta dai bombardamenti del 2011. Rilanciare l'accordo con l'Italia del 2009, ma deve intervenire l'Europa. A migrare non sono i libici, vengono dal resto dell'Africa, sono migranti con problemi economici. Non servono muri ma noi non possiamo ospitarli. L'Europa deve aiutarci, con investimenti, in modo da riattivare la collaborazione con i Paesi d'origine, che ritengono non più valide le intese con il vecchio regime libico per riaccogliere i propri migranti».

Riuscirete a difendere il vostro petrolio?

«Abbiamo bloccato il tentativo di esportarlo senza passare per la Compagnia petrolifera nazionale e tre giorni fa è partito il primo carico ufficiale, 600mila tonnellate di petrolio. Siamo certi di poter riprendere le esportazioni e stiamo rinforzando le difese contro Daesh».

Anche in Italia c'è chi torna a parlare di intervento di terra. Cosa ne pensate?

«L'Italia è un grande Paese e un alleato.

Ma la nostra posizione su questo punto non è mai cambiata: un intervento armato sul suolo libico? Mai. A noi non serve solo aiuto militare, ma la ricostruzione del Paese a partire dalle sue strutture di governo»

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