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«Con il Milan ho vinto tutto e mi chiedono di cederlo?»

Si può sopportare tutto: la disaffezione del popolo rossonero (ridotte del 50% le presenze di abbonati allo stadio, due soli esauriti nella stagione, derby e Manchester) e il “triplete” dell’Inter, ma non l’irriconoscenza dei tifosi del Milan, primi nel mondo per 23 anni di fila. Così Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio e patron del Milan, considera irricevibile la domanda su una eventuale futura cessione del Milan, conseguenza diretta dell’interrogativo che circola tra tifosi («perché non vende?») senza più memoria (hanno dimenticato le due serie B e la gestione fallimentare di Farina precedenti all’arrivo del Cavaliere). Perciò al quesito di Maurizio Belpietro nel corso dell’intervista telefonica per Mattino 5, la risposta è in apparenza colma di fastidio. «Io non riesco a capire questa domanda» è il debutto del premier Silvio Berlusconi prima di arrivare al cuore del tema, e cioè la discussione del suo ruolo nel Milan e del suo rapporto affettivo e finanziario col club.
«Sono la persona che ha fatto la storia del Milan, l’ho portato a vincere più trofei (26 in totale, 13 italiani e 13 all’estero, ndr) di quelli che ha vinto per esempio il Real Madrid. Sono il presidente che ha vinto in assoluto più trofei: il secondo, dopo di me, è Santiago Bernabeu che ha uno stadio a lui dedicato a Madrid» è la premessa completata dalla frase successiva. «Al Milan ho sempre dato molta attenzione, ho fatto molti sacrifici per il Milan e se qualcuno pensa che la mia famiglia non abbia dato al Milan sufficienti finanziamenti dico che negli ultimi anni abbiamo sempre speso più di 50 milioni a stagione. Anche troppo mi sembra» la frase per smantellare la leggenda popolare secondo cui il club rossonero avrebbe vissuto di stenti negli ultimi anni per via di una chiusura della borsa operata da Fininvest. Sono stati ridotti drasticamente gli interventi non ridotti a zero.
Le cifre citate da Berlusconi, bilanci degli ultimi cinque anni alla mano, sono esatte. L’azionista ha ripianato, complessivamente, 219 milioni per le perdite rossonere, una media di poco meno di 50 milioni l’anno. Nello stesso periodo, l’Inter ha preparato il “triplete” consumando 810 milioni, quattro volte tanto. La spiegazione del dato milanista, meno 220 milioni nonostante due cessioni “pesanti” (Sheva e Kakà), è costituita dalla scadenza improvvisa e inattesa della legge spalmadebiti corretta in corso d’opera da 10 anni a 5 anni determinando un esborso molto oneroso.
Dallo scenario futuro, è dunque sparito ogni accenno a eventuali partner o addirittura acquirenti (russi compresi). Anche perché, sul punto, il premier ha sempre chiarito il seguente principio di fondo: «Non venderei mai il Milan al primo che passa. Potrei farlo soltanto nei confronti di chi fosse in grado di garantire al club e ai suoi tifosi gli stessi risultati ottenuti sotto la mia gestione». La sintesi è presto fatta: o c’è un altro Berlusconi alla porta, oppure non si apre a nessuno. L’intervento di Berlusconi ha il merito di confermare la rotta del Milan nelle prossime settimane: niente spese pazze, rifondazione rinviata al 2011, alla scadenza di moltissimi contratti pesanti (tra 10 e 11) per passare alla fase 2 del piano, cioè l’iniezione di energie giovani. La partenza di Galliani per Madrid, perciò, non ha alcun legame col calciomercato.

Neanche l’incontro con Rui Costa (ora ds del Benfica) servirà: Huntelaar ha uno stipendio inconciliabile con il bilancio del club portoghese.

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