Cronaca locale

"Milano vuole cacciare i rom, ma qui si rischia la rivolta"

Palazzo Marino vuole smantellare tre dei dodici campi nomadi della città. E i sindaci della cintura si ribellano. "Non pagheremo noi il prezzo di questa decisione. I nostri Comuni sono già terra di nessuno. Ci serve l’esercito"

"Milano vuole cacciare i rom, 
ma qui si rischia la rivolta"

Chiudere i campi rom di Milano? La sola idea - maturata nel vertice di lunedì in prefettura - fa rabbrividire i sindaci della cintura metropolitana. Parlare di nomadi al sindaco di Baranzate Giuseppe Corbari è come dar da bere ad uno appena affogato. Non a caso oggi incontrerà il prefetto per mettersi al riparo dall’annunciata chiusura dei campi milanesi. Naturale per un primo cittadino che ospita il più grande accampamento rom abusivo dell’intera regione, 800-100 zingari, insediatosi per altro su terreni appartenenti a Milano. Ai cittadini invece, i nomadi non bisogna neppure nominarli. Talmente «integrati» che nei giorni scorsi hanno concorso a far straripare un torrente, ostruito dalle casseforti, piccole e grandi, rubate, svuotate e abbandonate nel corso d’acqua. Un episodio che parla da sé. Non meglio se la passano sindaco e cittadini di Cusago, 3500 abitanti, altro Comune della prima cintura di Milano. Curato e pulito, ma gli zingari sono ormai inamovibili da alcuni campi abusivi, e padroni di un’intera arteria stradale la «Bisceglie–Cusago», costata 800 milioni e divenuta un «centro estivo» dei rom. Furti e saccheggi stanno esasperando i cittadini, molti dei quali, lo hanno già comunicato al sindaco, vorrebbero armarsi e reagire, mentre i più calmi «solo» occupare Piazza Duomo. Aree lungo la ferrovia, parcheggi vicini alle fermate della metro, fabbriche dimesse rendono Sesto San Giovanni un Comune dove molti rom decidono di trascorrere la notte. Una convivenza difficile con i sestesi Quelli vicino a Monza e Cinisello hanno raccolto le firme per chiedere l’abbattimento delle baracche e l’allontanamento di camper e roulotte.

Continui i controlli delle forze dell’ordine, ma non bastano mai.
Laura Valenti

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