Cronaca locale

Altro che bancarelle ora si cena al mercato

Tra viale Monza e Santa Maria del Suffragio gli spazi comunali coperti diventano trendy

Marca Calcagno BaldiniÈ chiamata da tutti «La taverna dei terroni», anche se la società che l'ha creata avrebbe l'appellativo più romantico de «Il Delfino». Siamo a «NoLo» («Nord di Loreto», così i giovani definiscono l'area), in viale Monza 54 all'interno del Mercato comunale. Sono le 21 e abbiamo una prenotazione in Taverna (info 335-404821). Ad accoglierci c'è Paolo, 50 anni, che esce dalla cucina proprio affianco alle bancarelle di pesce fresco: «Prendete posto, poi potete scegliere dal bancone quali tra i crostacei e altro volete che vi preparo di aperitivo». Una stanza accogliente, tutta in legno: cambia la luce, e la temperatura, una decina di tavoli e un ambiente simpatico, si fa presto a fare amicizia con gli altri presenti (una coppia, lui lavora in banca e lei fa la segretaria, un altro giornalista specializzato in argomenti culinari con un paio di amici, due artisti). La Taverna è nata lo scorso 14 maggio per idea di Paolo, pugliese con anni di esperienza in cucina: ha lasciato la sua trattoria nella Taranto vecchia e ha aperto due ristoranti. Ad Amsterdam il «Casa nostra», e quello nel Mercato di viale Monza: «Ho acquistato il 70% degli spazi - dice Paolo - e ho deciso di ricavare anche un piccolo ristorante: è un'area periferica, ma nessuno è mai venuto a darmi fastidio, extracomunitari o meno. Ci voleva un luogo di ritrovo». I clienti in Taverna sono anzitutto giovani artisti, dato che i prezzi sono ottimi quanto i piatti e nei dintorni iniziano a nascere atelier e studi di pittori, architetti o designer. Tra il fritto misto di pesce e le orecchiette alle cime di rapa, arriva Maurizio, 60 anni, che gestisce il bar «Sale e pepe» sempre nel Mercato e ne è l'anima del rinnovamento in atto dallo scorso maggio: «Questo è il primo mercato coperto di Milano, è nato tra la fine del 1800 e i primi del '900: non è un caso che sia sotto la tutele dei Beni Culturali. Io di natura sono un innovatore dice -. È logico che ormai al mercato non si va più solo per fare la spesa: deve diventare un luogo di ritrovo. Ci si va per vedere gente. Quindi è necessario che sappia offrire qualcosa in più della semplice vendita di alimentari». E aggiunge: «Sono le persone che fanno la differenza. Io, nel mio bar, sono anche amico e psicologo». Alle 6.30 prepara la colazione agli altri mercanti, tra le crêpes calde alla nutella e spremute di melograno. Altra sua specialità (per l'aperitivo) è il «Melo Spritz»: «Tutta l'area lo conosce». Sì, perché il mercato di viale Monza è ormai un punto di ritrovo per i giovani e per il resto del quartiere, anche grazie alle feste che Maurizio e Paolo organizzano al sabato sera con l'aiuto di Alice e Cecilia, giovani galleriste e appassionate della zona che coinvolgono amici: «Ne abbiamo già organizzate due dice Cecilia -. Solitamente si svolgono dopo le inaugurazioni delle mostre nella galleria d'arte non profit Fanta Spazio, che si trova in via Merano 21/B». Di questo passo il Mercato dovrebbe crescere ancora, tra la pizzeria che il signor Paolo dovrebbe aprire a breve, «e poi vorremmo la direzione artistica delle mostre che organizzeremo qui, il wi-fi, una libreria-edicola, un fiorista, un'enoteca, una birreria, un banchetto di frullati» continua Cecilia. Certo, il lavoro è lungo e non tutti i venditori sono disposti ad aprirsi alle innovazioni, ma «il Comune si è dimostrato molto disponibile». Anche quello di piazza Santa Maria del Suffragio, vicino a corso XXII Marzo, è un Mercato comunale completamente rinnovato: l'intera area è diventata un luogo di sosta, dove fermarsi a mangiare. Le bancarelle ormai sono tanti piccoli ristoranti, l'atmosfera potrebbe richiamare quella dell'Expo tra «Schooner cucina di mare» che prepara al momento piatti di pesce, i panini di «Davide Longoni Pane», le centrifughe e i frullati di «Fresco e Buono» e i gelati naturali di «Cool».

Tavolini e sedie sia all'esterno che nell'ex mercato, e un ambiente giovane, allegro, popolato da lavoratori dall'aspetto discretamente modaiolo in pausa pranzo, disposti magari a non pretendere la perfezione nel piatto vista la quantità di persone e la velocità del servizio, in cambio però di gentilezza e allegria.

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