Cronaca locale

Antifonario medievale fatto rivivere a Pavia dalle voci di tre ragazzi

Il ritrovamento della preziosa pergamena nella legatura di un libro del Seicento

Antifonario medievale fatto rivivere a Pavia dalle voci di tre ragazzi

Pavia Novecento anni di vita, quattro secoli nascosta fra le pieghe della coperta di un libro. Eppure per riportarla in vita ieri sono bastati i sessantanove anni in tre di Lorenzo, Niccolò e Stefano, studenti in Musicologia, chiamati a prestare la voce a quella musica vergata su una pergamena di inizio secolo XII. Nessuno la conosceva, nessuno l'aveva forse mai cercata, ma due mesi fa è spuntata durante i restauri alla legatura di un libro del Seicento profanato dai tarli. Sembra un plot di Ken Follett e, invece, siamo alla biblioteca Teresiana di Pavia. Una storia così lunga necessita di un riassunto: grazie all'art Bonus, per trovare fondi alla ricerca, l'Università di Pavia mette in cantiere il sogno di restaurare una trentina di libri. «Abbiamo presentato un progetto da 30mila euro, raccogliendone 5.500 per ora spiegano dalla direzione Cecilia Angeletti e Antonella Campagna -, ma questa scoperta è già una grande ricompensa». Al terzo tomo edito a Milano nel 1628, infatti, la mano della restauratrice Alessandra Furlotti si ferma. Sotto la coperta posteriore spunta un foglio di antico vello che fa da rinforzo. «A noi sembra una profanazione, ma all'epoca era la prassi: le pergamene passate di moda per qualche ragione, finivano nelle botteghe per essere vendute ai legatori per incamiciare libri più nuovi», spiega Simona Gavinelli, docente di Paleografia latina alla Cattolica di Milano. «Le pergamene musicali aggiunge Daniele Sabaino, musicologo dell'ateneo pavese avevano vita brevissima perché il modo di scrivere le note cambiava molto velocemente». Aggiungi che nell'Alto Medioevo ad avere libri di musica erano solo i maestri, mentre gli alunni imparavano ad orecchio ed ecco che la storia di questo frammento somiglia tanto alla pietra scartata che diventa testata d'angolo. Sul foglio nascosto ci sono sette antifone per i giorni della Pentecoste. La scrittura è una bella «carolina»; c'è anche un capolettera decorato con un quadrupede multicolore che sputa uva, foglie e lettere. E poi ci sono le note, non come le conosciamo noi: sono poco più che una punteggiatura disposte solo due righe. Ecco tutto il technicolor di quel Medioevo fatto di amanuensi dalla mano a volte stanca ed incerta e di miniaturisti dalla fantasia ardita. Da dove viene questa pagina? Quando fu scritta? Sul periodo tutti concordano: siamo agli inizi del secolo XII. Per Simona Gavinelli il foglio è già al suo secondo utilizzo come rinforzo di un libro, forse giuridico: lo ipotizza leggendo la parola «Codex» che sta in bella mostra sul lato «recto» del foglio che era incollato alla legatura. Arriva da Milano? No, perché è chiaramente di rito romano. La scrittura non aiuta: «Fra Novara e Vercelli si scriveva in modo più rigido e meno rotondo», aggiunge Gavinelli, facendo paragoni con manoscritti quasi coevi di Asti e di Intra. Il foglio è sicuramente lombardo at large, ma il mistero resta aperto. Nel futuro di questa pergamena c'è, probabilmente, una piccola pubblicazione per proseguire le ricerche e intanto c'è chi pensa anche ad una rivisitazione «prog» delle note cantate ieri dagli studenti. Il silenzio è rotto.

Ora parla la musica.

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