Cronaca locale

Un 25 aprile di polemiche: aperto un negozio su due e lo sciopero è un fiasco

I sindacati in piazza invocano la chiusura durante le feste laiche, ma i commercianti fanno di testa loro. Deserta solo la periferia

Un 25 aprile di polemiche: aperto un negozio su due e lo sciopero è un fiasco

E come sempre le giornate di festa mettono in mostra le due facce di Milano: quella della periferia (totalmente deserta, effetto serrata di Ferragosto) e quella del centro, con i negozi aperti. O almeno, aperti in parte. La sensazione è che solo la metà dei commercianti abbia deciso di lavorare, tentando l'incasso fortunato. Gli altri hanno lasciato perdere. «Chi non si trova nel circuito delle grosse vie dello shopping cosa tiene aperto a fare?» si chiedono all'Unione del Commercio. Vero. I milanesi, quelli che hanno potuto, sono partiti e chi è rimasto non va certo a fare spese folli per negozi. I turisti ci sono ma sono pochi. E tenere aperto costa.

In corso Buenos Aires ha la serranda alzata un negozio su due, in corso Vercelli sono più quelli che hanno deciso di non provarci nemmeno che gli «stakanovisti». Solo nell'isola del super centro, tra Cordusio, via Dante e corso Vittorio Emanuele, è tutto aperto. Ma si tratta per lo più di attività in franchising e grosse catene commerciali che lavorano per turni e ruotano il personale.

«Il problema dei dettaglianti a gestione familiare - fa notare Giorgio Montingelli, Unione del Commercio - non è limitato al 25 aprile. Piuttosto è legato alla politica demenziale degli ultimi vent'anni, in cui è stata permessa l'apertura sconsiderata di un centro commerciale via l'altro ammazzando i piccoli negozi. E soprattutto desertificando le periferie. Gli anziani non sanno più dove andare a fare la spesa. Loro non vanno negli iper centri commerciali multipiano e tantomeno in centro».

Forse i negozi terranno aperto più volentieri il primo maggio: almeno quella è una festa internazionale e ci si aspetta un flusso più interessante di stranieri. Ma ognuno decide per sé, in base al proprio bilancio, e non certo per i diktat sindacali.

Altra storia è quella della protesta dei sindacati e dello sciopero dei commessi. Mentre i piccoli commercianti ne fanno esclusivamente una questione pratica, Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl e Uiltucs-Uil ne fanno una questione di principio e difendono il concetto di «festa laica» sul calendario perché siano celebrate degnamente la giornata della Liberazione e la festa dei Lavoratori. Durante il corteo i commessi e cassieri dipendenti della grande distribuzione hanno formato una bandiera umana e hanno distribuito ai passanti e alle autorità il «diploma del buon consumatore».

«Al fine di sensibilizzare l'opinione pubblica sull'importanza che, in concomitanza di alcune significative festività laiche e religiose, fra cui il 25 aprile, i negozi possano rimanere chiusi, i sindacati - spiegano - partecipano alla manifestazione». In particolare un gruppo di lavoratori del commercio si è concentrato in piazza San Babila e, con addosso pettorine bianche rosse e verdi, ha diffuso slogan contro le aperture domenicali previste dalla liberalizzazioni e dal decreto salva Italia.

«Non è tenendo aperti i centri commerciali durante le feste che si sviluppa l'economia di un paese che, soprattutto, ha bisogno di riacquistare valori e di sviluppare occupazione».

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