Cronaca locale

«Arriva un sindaco manager? Che gran fortuna per Milano»

Lo chef stellato felice del derby Parisi-Sala «Sanno gestire un'impresa e la squadra»

di Giannino della Frattina

La cucina è una scienza?

«Beh certo. Tutto deve essere preciso, calibrato».

Però anche arte.

«Ci vuole intuito per bilanciare i tre o quattro elementi del piatto e valorizzarli».

Su tavolo il tefonino old style. Diciamo vintage. A 15 anni il friulano Andrea Berton sciava con la maglia della nazionale. Oggi nel curriculum Gualtiero Marchesi, la Taverna di Colloredo a Monte Albano, Mossiman's a Londra, Pinchiorri a Firenze, Louis XV a Montecarlo. Poi Trussardi record con due stelle successive nel 2008 e 2009. Dal dicembre 2013 la sfida è un ristorante con il suo nome, il bistrot Pisacco in via Solferino e Dry.

Berton, qui più che di cucina vorremmo farla parlare di politica.

«Non sarà facile».

Con Parisi e Sala, comunque vada Milano avrà un sindaco manager.

«Una buona notizia. Un manager sa come gestire un'impresa, come coordinare la squadra. Di certo un bene».

Magari i manager mancano di esperienza politica.

«Se la faranno sul campo. Un sindaco manager è un valore aggiunto per la città».

Lei è uno chef manager.

«A 23 anni non avevo capito che oltre a saper cucinare, bisogna saper gestire un'impresa».

E come l'ha capito?

«Con Alain Ducasse. Lo vedevo aprire ristoranti a destra e a sinistra e allora ho visto che saper cucinare andava dato per scontato. C'era il resto».

Un'immagine inusuale di un grande cuoco.

«Inusuale e difficile. Ma Ducasse ci riusciva benissimo. Grande professionista: lavoratore, organizzato, metodico».

Oggi gli chef sono star tivù.

«Per uno chef è facile, nella brigata bisogna saper raccontare una storia. E questo funziona anche in televisione».

Avete pessimi caratteri. Urlate così tanto?

«Può capitare. La cucina ha bisogno di grande concentrazione: ci sono anche cinquanta persone e se solo uno sbaglia, poi si inceppa tutto».

Giornali, televisioni, cinema. Ristoranti top sempre più affollati, non stiamo esagerando con il cibo?

«Il cibo è la vita. Dobbiamo alimentarci meglio e con prodotti sani. Noi chef oggi abbiamo il dovere di farlo capire a tutti».

Qual è la cucina migliore?

«Quella che si digerisce e ci fa star bene. Anche dopo dieci portate bisogna alzarsi leggeri».

Dovevamo parlare di politica e di Milano. Dica dell'Expo.

«Ha fatto capire a tanti che il cibo va rispettato. Non va buttato e non va trattato male».

Perché per il Ristorante Berton ha scelto lo skyline con le torri di Porta Nuova?

«L'ho immaginato quando qui c'era solo un cantiere, in pochi ci credevano e molti si lamentavano per il cemento. Vedevo palazzi crescere, grande precisione, grande ordine. Un quartiere moderno che rispecchia la mia filosofia».

Quale filosofia?

«Volevo una location che non avesse collegamento con niente. E oggi è il posto meraviglioso dove passo 18 ore al giorno».

Perché a Milano?

«Perché Milano è chic. Più di Hong Kong, Singapore, Dubai. La vera capitale del food».

Cosa significa?

«Che chi arriva a Milano per turismo, affari, eventi o qualunque altro motivo pensa alla gastronomia. E questa è una risorsa che il prossimo sindaco deve valorizzare».

Cosa serve a Milano?

«Grandi eventi legati al cibo, itinerari particolari, collegamenti. Perché tutto si lega al food: i convegni, la settimana della moda, quella del mobile. Tanti clienti per un settore importante dove l'Italia è regina e dà lavoro a tante persone».

Torniamo a Expo.

«I treni con sono stati fantastici. Magari andrebbero messi un po' a posto gli aeroporti, sono il nostro biglietto da visita».

Al prossimo sindaco cosa chiede?

«Bello avere più parchi».

Troppo smog?

«Io corro spesso. Siamo in città, non al mare o in montagna. Non facciamo drammi».

Problemi a Milano?

«I cantieri: restano aperti troppo tempo. Un danno».

Altro?

«La burocrazia. Non può essere un ostacolo per chi decide di investire qui in città».

Oggi come è la città?

«C'è tanta positività. Da 5-6 anni è cambiata. È più pulita, ordinata. Quando ci sono stato nell'89-'90 era piuttosto trasandata. Magari va migliorata la logistica, i collegamenti».

Da bimbo cosa voleva fare?

«Il pilota d'aereo. A sette anni facevo quindici chilometri in bicicletta per andare a vedere le Frecce tricolori».

Poi è entrato in cucina.

«In tempi non sospetti. Allora nessuno poteva immaginare che cucinare sarebbe diventato così esplosivo».

Tra voi chef non vi amate.

«Perché essere gelosi? Io ho avuto la fortuna di stare in una brigata con Cracco, Oldani, Crippa. E se Bottura diventa il numero uno io sono contento, perché questo è un premio e un vantaggio per tutta la cucina italiana».

Al governo cosa chiede?

«Più supporto all'estero. Sono stato a Singapore e noi italiani siamo trattati come star. Mi sono meravigliato. Il sistema Italia va aiutato dalle istituzioni, guardino la Francia».

Non poco.

«A Dubai hanno soltanto il deserto e invece guardate che turismo si sono saputi inventare».

Lei è ormai milanese?

«Milanese per il modo in cui oggi vivo e lavoro, friulano per le mie origini e la volontà di non arrendermi mai».

Perché pagare così tanto per mangiare?

«Perché sempre più gente oggi vuole vivere un'esperienza di cibo di qualità».

E perché un menù tutto col brodo?

«È un elemento importante, non solo un ingrediente. Giusto farne un protagonista».

Idee nuove?

«Brodo al cioccolato. E brodo all'uovo».

(1 - Continua)

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