Cronaca locale

«Alì Babà, opera dimenticata dallo spartito sorprendente»

Carignani, sul podio dell'orchestra dell'accademia «Le musiche del Cherubini? Un vero sperimentatore»

Luca Pavanel

Alla Scala procedono spedite le ultime prove per la messa in scena dell'ottocentesca «Alì Babà e i quaranta ladroni», musiche dell'italiano Luigi Cherubini, libretto di Mélesville e Eugène Scribe. Il debutto avverrà sabato con diverse repliche in settembre, in scena gli artisti dell'Accademia scaligera (dai solisti agli orchestrali al corpo di ballo). Si apprende che l'ultima volta di questa opera al Piermarini risale al 1963, da allora più niente. «Perché? - fa eco Paolo Carignani, 57 anni, il maestro che si occupa della parte musicale alla testa dell'orchestra dell'Accademia e che sta lavorando a stretto contatto con la grande regista Liliana Cavani - È un lavoro che richiede un grande impegno da parte dei cantanti e degli strumentisti. L'autore sperimenta nuovi effetti orchestrali», con le conseguenze del caso. In negativo, contro la diffusione di questa partitura forse ha giocato la mancanza di «arie cantabili importanti o anche l'assenza di una voce nota». Già, proprio così: è capitato che dietro al successo di un compositore ci fosse l'entusiasmo e l'impegno di una grande cantante. Ricordando «Medea», per Cherubini ci fu la star Maria Callas. Ma non per «Alì Babà» però, con lo sguardo di oggi un titolo meritevole di essere riscoperto. Come un meccanico (musicale) con le mani nel motore, Carignani conferma la qualità delle pagine raccontando quel che si vede dall'interno: «Non c'è una divisione tra arie, concertati, è un susseguirsi di cose, un moto perpetuo; insomma non c'è un percorso costruito a blocchi».

E aggiunge: «Nella scrittura orchestrale ci sono dei motori in funzione, come le terzine all'interno degli accompagnamenti, con la conseguente produzione di una pulsazione ritmica». Tensione continua che diventa inquietudine, sempre presente. Effetti di violini, effetti di percussioni e fin dall'inizio dell'ouverture «l'utilizzo del triangolo per ricordare atmosfere orientali», per evocare un clima da fiaba. C'era una volta «Nadir, è innamorato di Délia, figlia del ricco mercante Alì Babà, ma dispera di poterla sposare perché è povero - recita in sintesi la storia - Alì Babà ha promesso Délia all'esattore capo Aboul-Hassan. Nadir però trova casualmente un tesoro nascosto in una caverna da una banda di ladroni e chiede la mano di Délia (...)». E avanti così. Un'opera firmata da un autore che visse e operò in Francia; al debutto a Parigi l'opera in questione non ebbe successo, correva l'anno 1933, e in Italia neppure. In Germania invece fu accolta meglio.

«I tedeschi del resto sono più tolleranti - aggiunge il maestro - Per rendersi conto del livello di interesse che c'è in Germania basta vedere il numero di opere in prima esecuzione mondiale che vengono commissionate, ascoltate e riproposte». Spesso da noi si fa una prima e poi si lascia andare. Così certi autori di valore sono caduti, e cadono, nel dimenticatoio. Anche Cherubini, nel tempo, subì questo.

Oggi la Scala, fedele a uno degli obiettivi che si è data nell'Era Pereira-Chailly - ovvero riportare in scena titoli e firme «trascurati» - per riproporlo schiera pezzi da novanta come, in primis, la regista Cavani e il direttore Carignani appunto, che dice: «C'è stata subito intesa, abbiamo costruito insieme lo spettacolo. Sono un direttore a cui piace andare alle prove di regia. Al piano ho trascorso due settimane con la signora Cavani».

Un lavoro intenso con gli artisti dell'Accademia, «giovani musicisti che ho trovato estremamente duttili, con grande entusiasmo e la voglia di crescere».

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