Cronaca locale

"In un bacio c'è l'utopia che dà un senso alla vita"

L'attrice romana torna in scena al Teatro Delfino dopo il successo di Medea. "Qui affronto l'amore"

"In un bacio c'è l'utopia che dà un senso alla vita"

Il Teatro Delfino si illumina, da questa sera al 5 febbraio, della presenza di Barbara De Rossi. L'attrice romana, reduce dal successo di «Medea» di Jean Anouilh e dalla conduzione a dicembre scorso del programma «Il terzo indizio» su Rete 4, torna al palcoscenico con una commedia dell'olandese Ger Thijs, dal titolo «Il bacio». Diretta da Francesco Branchetti che ne è anche co-protagonista, la pièce è la cronaca di un curioso, ironico ma anche molto poetico incontro tra una donna e un uomo in un bosco. Da un'iniziale diffidenza crescerà un'intesa pronta a trasformarsi in una reciproca confessione e, chissà, in un amore.

Signora De Rossi, cosa l'ha convinta a cimentarsi con questo testo?

«Innanzitutto la fiducia e il solido rapporto lavorativo che ho con Francesco Branchetti. Con la sua regia avevo già fatto Medea in questi ultime due anni. Branchetti mi ha proposto Il bacio, e dalla prima lettura sono rimasta conquistata. Mi piace l'idea di questo incontro in una terra di mezzo: l'approccio, che subirà un crescendo, tra due perfette infelicità».

Possono due infelicità essere il punto di partenza di una commedia?

«Certamente. La scrittura di Ger Thijs, nella traduzione di Enrico Luttman, offre mille stimoli: c'è ironia, a tratti comicità, il testo parte gradevole, si fa inquieto e poi brillante. L'autore riesce a rendere particolare questo incontro di frustrazioni e sbagli biografici. Ci sono paure e sogni, ma tutto è disposto in maniera leggera e intelligente».

Lei ha qualche volta raccontato di essere uscita da forti delusioni sentimentali, due matrimoni e una relazione segnata anche da maltrattamenti. In una storia come quella de Il Bacio vede più ottimismo o utopia?

«Preferisco parlare di possibilità. La realtà contemporanea non facilita gli incontri magici, questo è vero. Il web ci ha allontanati, più che avvicinarci, drammaticamente. Però è ancora possibile incontrare una persona con cui scatta un'intesa immediata. A me è capitato sul lavoro, anche con alcuni giornalisti: dalle loro domande, domande che magari poi non finiranno nemmeno nell'intervista, intuisci un'affinità di vedute. Quanto all'utopia, penso che essa ci faccia vivere meglio. Immaginare un mondo migliore, non rassegnarsi a perdere i buoni propositi, trovo che dia senso alla vita».

Dopo il teatro, quali saranno i suoi impegni?

«Io sono sempre tra teatro e tv. Da fine marzo tornerò su rete 4 con altre puntate de Il terzo indizio, programma contenente docufiction che ricostruiscono fatti di cronaca capaci di dividere l'opinione pubblica, tutte sentenze definitive che affronto come ho sempre fatto anche in Amore criminale su Rai3, evitando cioè qualsiasi morbosità».

E il cinema?

«Il cinema italiano sembra completamente disinteressato alle attrici over 40 e over 50. Questo all'estero, soprattutto nel cinema anglosassone, non succede: grandi attrici come Meryl Streep o Emma Thompson hanno sempre ruoli stimolanti. É assurdo che in Italia si insegua sempre e solo il personaggio femminile giovane.

Una donna e un'attrice matura è al top della propria capacità espressiva».

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