Cronaca locale

Balletti di primavera La Scala fa un tris da Mille e una notte

E "Shéhérazade" darà il via a un mese di grande danza. Sul podio Paavo Järvi

Balletti di primavera La Scala fa un tris da Mille e una notte

«La Valse» di Ravel, «Symphony in C» di Bizet e «Shéhérazade» di Rimskij-Korsakov. Tre capolavori assoluti che, in versione di balletto, verranno proposti alla Scala, in un'unica serata, dal 19 aprile al 13 maggio. Date le griffe musicali, Ravel-Bizet-Rimskij-Korsakov, nella buca d'orchestra s'è voluto un direttore speciale come Paavo Jarvi, poi impegnato nell'opera Don Giovanni e nei concerti sinfonici con Mahler. Quanto alla danza, è Roberto Bolle il protagonista in «Symphony in C». In scena il corpo di ballo scaligero che, ci anticipa il sovrintendente Alexander Pereira, avrà presto un direttore (il precedente, Bigonzetti, si dimise in ottobre). L'annuncio verrà dato entro la fine del mese, «prima devo fare un'altra riunione», spiega il manager. «Symphony in C» torna nella coreografia disegnata da George Balanchine e ripresa da Colleen Neary, che conosce questo lavoro in ogni suo punto per averlo danzato in diversi ruoli. Per questo, ci spiega, «posso dire che è uno dei maggiori risultati di Balanchine. Vede un crescendo continuo che arriva a un culmine da pelle d'oca», confessa. Quanto a Shéhérazade, dimentichiamoci sensualità, magie e colori d'Oriente. Che permangono solo nella musica di Rimskij Korsakov, ma non nella linea narrativa dello spettacolo. Il coreografo che firma la produzione della Scala, Eugenio Scigliano, ha attinto al balletto del 1910 voluto dall'impresario russo Djagilev, affidato al coreografo Fokine e che ebbe come protagonista nientemeno che Ida Rubinstein. La vicenda si rifà all'antefatto delle Mille e una Notte ed è costruita attorno alla figura di Zobeide, la favorita dell'harem, costretta a una vita di reclusione. Grazie alla complicità dell'eunuco e in assenza del sultano, la fanciulla si sceglie uno schiavo. E così fanno le altre concubine. Sarà un'orgia colossale interrotta dall'arrivo del sultano il quale vorrebbe punire anzitutto la sua preferita, ma lei si darà la morte in autonomia. La scena consiste in «un colonnato nero, una gabbia per queste donne tra le quali Zobeide è la più moderna, alla fine si ribella all'uomo che l'ha posta in una gabbia, pur dorata. Rifiuta e si suicida». Una Shéhérazde tinta di nero, dunque, ambientata in un Medioriente cupo, claustrofoico. Una storia di soprusi, sottomissioni e violenze, di sorprendente attualità. Il regista, di Cosenza, specifica che non bisogna solo guardare all'Est del mondo, «io sono calabrese e di queste storie ne ho viste parecchie». Anche La Valse va in scena in una nuova produzione. Che in via del tutto eccezionale per la tradizione scaligera - non per altri enti per la verità - è curata da tre ballerini scaligeri: Stefania Ballone, Matteo Gavazzi e Marco Messina.

L'idea è quella di una danza corale, con 12 danzatori che saranno in scena per 13 minuti consecutivi, la durata della Valse di Ravel.

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