Cronaca locale

Il baseball è tornato a casa ma il Kennedy non è pronto

Il presidente Selmi: "L'impianto adesso è gestito dalla federazione, ma aspetta i soldi per i primi interventi"

Il baseball è tornato a casa ma il Kennedy non è pronto

Costretti ad autoretrocedersi, ad emigrare dalla città e a cercare gloria in provincia. Ritornare, godersi un impianto ancora non totalmente funzionante e gioire per una promozione tanto meritata quanto sperata. La storia recente del Milano Baseball è legata a doppio filo a quella del Centro Kennedy. Un impianto nato per questo sport, trapassato e ora viaggiante verso una lenta risurrezione. Ma qual è la difficoltà principale per una squadra di Milano che non ha potuto avere un suo impianto a disposizione? «Sono molte, alcune pratiche e operative precisa il presidente del club meneghino, Alessandro Selmi : per esempio quando abbiamo giocato con il Sanremo la finale per la promozione in Serie B, tra una partita e l'altra, abbiamo dovuto ordinare un catering dall'esterno. Questo perché nel nostro impianto non era possibile preparare nulla».

Quella del Centro Kennedy è una storia lunga e tortuosa. Un impianto che venne costruito con un contributo della Camera di commercio italo-americana al Comune di Milano, per poi passare di mano in mano con scarsa fortuna. Gestito dal Comune fino al 2002, da lì si sono alternati Milanosport, Cus Milano e un paio di gestori privati che avevano partecipato a bandi comunali e avrebbero dovuto rilanciare l'impianto. Cosa non accaduta per una serie di problemi di varia natura. La gestione diretta della federazione baseball sarebbe dovuta invece cominciare l'8 aprile 2015, giorno della firma dell'accordo tra l'allora presidente federale Riccardo Fraccari e l'allora assessore allo Sport di Milano Chiara Bisconti che avrebbe dovuto assegnare in gestione alla Fibs lo storico campo milanese per gli anni successivi. Il tutto, tra alti e bassi, si è però trascinato fino al 25 aprile 2017, giorno in cui il centro ha riaperto ufficialmente i battenti: «Oggi c'è ancora molto da fare in termini di sede, che ci piacerebbe fosse portata al Kennedy, di struttura per fare attività fisica all'interno del centro anche in off-season precisa ancora Alessandro Selmi , ma ritengo che alla fine si sia trovato un compromesso positivo, dopo un inizio problematico. Nell'interesse dello sport e degli sportivi. Diciamo che si sono mosse un po' le acque, anche grazie all'intervento della Fibs da una parte e dell'amministrazione comunale dall'altra».

Oggi la Fibs, gestore dell'impianto, aspetta che il Comune di Milano metta a disposizione i 500mila euro promessi dalla convenzione già citata (che comunque non copriranno il rifacimento dell'impianto di illuminazione, datato 1971 e inutilizzabile). Dall'altra, però, c'è un club che vuole utilizzare al meglio il suo impianto il prima possibile: «Per noi è stata un'annata molto importante prosegue Selmi . Siamo ripartiti con i giovani dalla serie C che abbiamo vinto e vogliamo disputare la prossima stagione di serie B al Kennedy. Il nostro proposito è portare entusiasmo intorno a questa squadra, il che significa magari disporre dello speaker, di un tabellone per seguire la partita. Cose molto semplici, ma importanti».

Il campo da softball potrebbe essere un altro obiettivo: «Sì, intendiamo lanciarlo. Ma per questo occorre un po' di spazio in più, quei 20-30 metri che permettano al campo attuale di essere omologato per le serie superiori e quindi dare una buona opportunità a Milano anche alle ragazze». Il sogno, a lungo raggio, si chiama sempre Ibl, ovvero il ritorno in prima serie: «Credo che ogni progetto vada basato sulla sostenibilità e quindi non possiamo assolutamente parlarne ora. Puntiamo piuttosto a seguire un percorso che dia solidità economica. Questo sarà un duro inverno per trovare idoneo supporto, che porti entro qualche anno ad affacciarci su palcoscenici più sfidanti. Abbiamo bisogno di tanto aiuto da parte di tutti, soprattutto operativo». E anche dalle istituzioni: «Questo sempre conclude il presidente Selmi : anche noi pratichiamo attività sociale con i ragazzi, insegnandogli un certo tipo di comportamento. In qualche modo tutto questo andrebbe riconosciuto alle società sportive».

(4. Continua)

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