Cronaca locale

Dalla Bicocca a Londra come talent scout

Dalla Bicocca a Londra come talent scout

Siamo in via Chiese 2 nell'ex stabilimento industriale Pirelli, dal 2004 «Hangar Bicocca», ovvero uno spazio di 9500 mq e 30 metri di altezza, appartenuto all'Ansaldo-Breda e oggi dedicato alla produzione, esposizione e promozione dell'arte contemporanea. Un quartiere che ha ripreso vita grazie al programma dall'ampio respiro culturale che si organizza nei suoi spazi. Ha inaugurato qui l'11 dicembre, fino al 10 maggio, la mostra «Bau bau», prima personale in Italia di Celine Condorelli, giovane (1974) artista che ha già una brillante carriera alle spalle in Italia e Inghilterra: le installazioni della Condorelli fanno uso di diversi media come la scultura o il video, e di vari materiali tra cui anche tende e strutture che, nella mostra milanese, dividono e modificano il grande spazio dell'ex fabbrica in varie nuove sezioni e ambienti da esplorare.

All'Hangar l'artista è stata invitata a confrontarsi con il contesto di un intero quartiere in via di trasformazione: «Qui s'incontrano arte e industria – dice - e il mio lavoro ha già in sé una dimensione sociologica e storica» che emerge in particolare nell'opera «Nerofumo» (2014), prodotta ad hoc per l'Hangar, realizzata con nero di carbone, un elemento base per la produzione di pneumatici Pirelli. Per compierla l'artista ha collaborato con la Pirelli di Settimo Torinese, in particolare nel corpo centrale progettato da Renzo Piano: il risultato è un lavoro che mischia documenti storici dell'Archivio della Fondazione Pirelli con resti di fabbrica che diventano altro, ovvero arte, all'interno della nuova funzione che ha l'ex stabilimento industriale. «Questa mostra è testimonianza del dialogo tra la cultura e l'impresa – dice Andrea Lissoni, curatore dell'Hangar Bicocca dal 2011, incarico e che presto lascerà per trasferirsi alla Tate Modern di Londra-. Un dialogo, quello tra impresa e cultura, in cui si può avere fiducia. Sono due mondi che possono incontrarsi».

Diversi linguaggi che si sposano (dalla performance, all'installazione, fino alla scultura o la pittura), arti diverse che si intersecano, opere create da «personalità mai scontate e libere»: queste le caratteristiche degli artisti che Lissoni stesso ha detto di aver scelto durante tutto il suo periodo di lavoro all'Hangar. Che bilancio si può tracciare di questi quattro anni? «Ho sempre potuto lavorare con grande libertà e indipendenza». E economicamente? Quanto il budget ha necessariamente condizionato le sue scelte rispetto agli artisti da invitare all'Hangar? «Ci sono sempre state buone possibilità per organizzare le mostre, e gli artisti amano questo spazio date anche le sue dimensioni grandi: possono avere libertà, creare anche opere di notevoli dimensioni».

A Londra, quali differenze ha riscontrato con Milano, dato che ha già iniziato anche la collaborazione in Inghilterra? «Certamente lì le procedure sono più burocratizzate e meno libere di quanto non lo fossero all'Hangar». Meno libertà e una situazione non economicamente svantaggiosa per la ricerca qui, a Milano, in Bicocca. Allora perché cambiare, perché ha accettato l'incarico inglese? «Anche alla Tate il mio ruolo è comunque di ricerca, ed è importante perché si tratta di un Museo, quindi magari le cose si muovono più lentamente, e in modo meno libero, ma allo stesso tempo ciò che entra in un museo poi è fissato, è vita, diventa parte assoluta del patrimonio artistico di un Paese».

L'esposizione è aperta fino al 10 maggio.

La mostra è aperta da giovedì a domenica, dalle 11 alle 23.

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