Cronaca locale

A Brera arriva l'etnico chic con i piatti del Pacifico

Se l'entusiasmo è una malattia, e avete paura del contagio, state alla larga dai fratelli Leonardo e Jacopo Signani e dal loro socio Leonardo Presti: il terzetto è giustamente ambizioso, e Milano è l'arena perfetta per conquistare allori. I fratelli sono di Carrara, hanno intorno ai trent'anni, e vivono qui fin dai tempi dell'università. Presti, loro coetaneo, è piacentino, pure lui meneghino dall'università.

«Ci siamo conosciuti», dice Jacopo, «a nuovo millennio avviato, quando Milano resisteva ai primi morsi della crisi. Nonostante le difficoltà, questa restava e resta la città più avanti d'Italia, l'unica che riconosce e premia il lavoro». I due Leonardo annuiscono, mentre beviamo una bibita fresca al Pacifico, ristorante di successo che i Signani hanno aperto in via Moscova da fine febbraio. La bibita, non facciamo pubblicità ma informazione, si chiama Holy, ed è stata inventata dai tre ragazzi, che la producono a Firenze. «Un wellness drink, bevanda della salute per lo sport, le passeggiate, la sete. La bibita dei tre zero: zero zucchero, zero calorie, zero grassi. Un brand nato a Milano di cui siamo orgogliosi», dice Presti, poi si tace temendo di sembrare troppo smaccatamente entusiasta, e di far arricciare il naso al sottoscritto. Invece suscita curiosità: la bibita, in elegante lattina opaca, è per ora in vendita in pochi posti, come la Rinascente e la catena dei Juice Bar, e ovviamente da Pacifico, dove serve da base per buoni cocktail. Pacifico è il primo ristorante peruviano di alta cucina a Milano, ai fornelli il grande cuoco di Lima, Jaime Pesaque. «Il ceviche, pesce crudo marinato, è la base di quella cucina, ed è più vicino alle abitudini italiane del sushi», dice Jacopo. «Noi in famiglia lo conosciamo perché avevamo una tata peruviana che ce lo preparava», aggiunge il fratello Leonardo. I Signani sono di buoni lombi industriali: cave di marmo e cantieri navali. Lo spirito d'impresa è nel loro dna. Tanto è vero che Pacifico seminerà altri ristoranti, anche se per ora i fratelli non si sbilanciano. «E magari", dice Jacopo, scherzando ma non troppo, "apriremo Atlantico, cucine di un altro Oceano».

A Milano, questi ragazzi di successo stanno bene, non gli manca il respiro internazionale («la città ce l'ha, e noi possiamo dirlo con cognizione di causa perché un bel pezzo di mondo lo abbiamo girato»), forse notano che servirebbe un pizzico in più di «movida», parola ormai abusata e priva di significato, ma che rende bene l'idea. «Sì», dicono i Signani, «dopo una certa ora Milano si addormenta. L'energia massima circola dalle sette alle dieci di sera, dopo Milano non tiene il ritmo come Barcellona, Berlino, Londra, Parigi». «Ma qui», sottolinea Jacopo, «è più facile incontrarsi. Ogni sera c'è sempre qualcosa di diverso, un motivo per uscire di casa. Le dimensioni della Milano dentro i Navigli sono ridotte, la città si può percorrere a piedi, chi vuole vedersi ci riesce senza sforzi. Ho amici a Londra che lamentano, invece, l'impossibilità di incontrare gli amici o chi ha gli stessi interessi». I tre concordano, mentre squilla il telefono per le prenotazioni al Pacifico. Ristorante che va come un treno: qui non sentirete lamenti per Expo, il mostro di Rho che attira turisti e milanesi nelle sue fauci. «Chi lavora bene», dice Leonardo Signani, «intercetta anche persone da Expo, gente curiosa di fare un'esperienza gastronomica non solo tra i padiglioni, ma anche nel cuore della città.

Noi abbiamo riscontrato un flusso di questo tipo, anche se ovviamente nel numero sono maggiori i clienti milanesi».

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