Cronaca locale

In via Brioschi fornelli con il «salvavita»

Le indagini aggiungono un elemento che rende più misteriose le cause

Continua il lavoro dei vigili del fuoco in via Brioschi, per rimuovere i cumuli di macerie e mettere in sicurezza nuove porzioni delle palazzine coinvolte dal disastro. Decine di persone sono ancora fuori casa dopo l'esplosione che domenica mattina è costata la vita a tre persone, due giovani e una madre di famiglia. Anche le indagini vanno avanti, per chiarire le cause della tragedia. L'attenzione degli inquirenti è concentrata sull'origine della fuga di gas che ha distrutto due appartamenti al terzo piano. È stato accertato che l'impianto condominiale era a norma (l'edificio è stato ultimato nel 2006) e che sia la cucina di casa Pellicanò sia quella della coppia marchigiana avevano un sistema «salvavita».

I due elettrodomestici erano stati acquistati dopo il 1997, data in cui i meccanismi di sicurezza che si attivano in occasione di fughe di gas sono diventati obbligatori. Questo particolare è emerso dalle indagini affidate ai vigili del fuoco e alla polizia scientifica dal pm Elio Ramondini, che ha aperto un fascicolo per disastro colposo a carico di ignoti. Ieri Ramondini ha inoltre conferito gli incarichi ai consulenti tecnici. Resta da capire se le cucine dei due appartamenti fossero inalterate rispetto alla fabbricazione, mantenute in buone condizioni o abbiano subito manutenzioni. Lo stesso vale per gli impianti interni alle case. Non è ancora chiaro da quale delle due abitazioni sia partita la fuoriuscita. In questo senso saranno molto utili i dati dei contatori delle utenze che dovranno rivelare i picchi anomali di consumi. In un primo momento l'ipotesi più probabile era che tutto fosse partito dalla casa presa in affitto da Riccardo Maglianesi e Chiara Magnamassa, i due ragazzi originari del Maceratese. Ora invece si fa strada l'idea che la fuga di gas possa essere cominciata nella casa in cui Micaela Masella - anche lei rimasta uccisa - viveva con il marito Giuseppe Pellicanò e le due figlie di 7 e 11 anni. Ulteriori elementi arriveranno dai risultati delle autopsie sulle tre vittime, eseguite ieri.

Le bambine e il loro papà restano ricoverati al Niguarda. Ieri i medici hanno fatto sapere che ci sono stati piccoli miglioramenti «dal punto di vista cutaneo» per la bimba più piccola, quella che era in condizioni più gravi con ustioni sul 45 per cento di arti e volto e che più preoccupava i dottori del Centro grandi ustionati. Il padre, come riporta il bollettino medico, è in condizioni stabili. Martedì è stato sottoposto a un trapianto di pelle da un donatore. «Allo stato attuale non sono previsti altri interventi», spiegano gli specialisti. La bimba più grande, infine, è in «condizioni stabili»: ha ustioni sul 20 per cento di arti e volto, ma le sue condizioni non destano preoccupazioni. Questa sera è in programma nel quartiere un ricordo delle vittime, con candele accese a tutte le finestre.

CBas

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