Cronaca locale

Caravaggio-Rembrandt dialogo "a cena" alla Pinacoteca di Brera

Il direttore Bradburne presenta i "maestri della luce", ottavo confronto tra capolavori

Caravaggio-Rembrandt dialogo "a cena" alla Pinacoteca di Brera

Molto avrebbero avuto da dirsi Caravaggio e Rembrandt, se mai si fossero conosciuti di persona. I due pittori della luce, l'italiano e l'olandese, furono entrambi degli spiriti liberi. Ora, nella sala numero ventotto della Pinacoteca di Brera, sono uno accanto all'altro, nell'ottavo dialogo che ha per titolo Attorno alla Cena in Emmaus e che vede il capolavoro del Merisi finalmente a casa dopo i quattro mesi in prestito al Musée Jacquemart-André di Parigi per una grande mostra sul Caravaggio. Accanto a lui, sulla destra e molto più piccolo per dimensioni, La Cena dei pellegrini di Emmaus di Rembrandt, in prestito da oggi e fino al 24 febbraio dal museo francese. L' arrivo del dipinto celebra anche a Milano il 350esimo anniversario della morte del pittore olandese, festeggiato per tutto il 2019 nei Paesi Bassi con molte iniziative.

Per apprezzare il confronto bisogna porsi non troppo distanti dalle due tele: l'opera di Rembrandt misura appena 39 centimentri per 42, ma è un concrentato di perizia densa di fascino. All'epoca della sua realizzazione, l'olandese ha 23 anni e vive a Leyda, nel pieno dell'ondata protestante che bandisce la rappresentazione della figura di Gesù; ma Rembrandt, come Caravaggio, è un tipo sfrontato e bada poco alle ingerenze esterne. Proprio la cena dei pellegrini che riconoscono il Cristo diventerà per lui (sia per devozione privata che per richiesta dei committenti) uno dei soggetti prediletti. Il pittore risolve la «non-rappresentazione» di Gesù con uno stratagemma all'epoca originale: immagina una candela nascosta sul tavolo, che emana una luce contro cui si taglia, scura silhouette in diagonale, il Cristo. Non ne vediamo il viso, ne cogliamo solo i contorni e l'atto di benedizione del pane. Capiamo che è proprio Gesù dalle reazioni degli altri personaggi sulla scena: uno ammutolisce, l'altro s'inginocchia. Sul muro, spicca un sacco da viaggio: è il Cristo dei poveri, dei viandanti, il Gesù intimo e «umano» quello che a Rembrand interessa ritrarre. Ancora oggi questa piccola carta applicata su tavola del 1629 è di una potenza commovente.

Caravaggio è evidentemente uno dei modelli del giovane Rembrandt: anche la sua Cena, capolavoro di Brera, è frutto di una pittura dolente e intensa, dove però il chiaroscuro è risolto in modo molto diverso. Il Merisi avvolge tutto nell'ombra e poi illumina come solo lui sa fare gli elementi giusti: il volto di Gesù, quello degli anziani servitori della locanda, la parca cena. È il 1606, un anno duro per l'artista, che è scappato da Roma dopo l'assassino di Ranuccio Tomassoni, vive nascosto nei feudi Colonna ed è deciso a racimolare dei denari per partire per Napoli. Caravaggio dipinge per pagarsi la fuga: ne esce una tavola piena di contrasti, molto più cupa della prima versione conservata alla National Gallery di Londra. Pare infatti che alle spalle di Gesù il Merisi avesse inizialmente concepito una finestra, poi coperta.

Oggi è uno dei quadri-simbolo della collezione permanente della Pinacoteca.

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