Cronaca locale

Carcano, il sipario si alza alla scoperta dell'assurdo

«Anelante» in scena stasera per la Milanesiana vuol rappresentare gli affanni del mondo d'oggi

Antonio Bozzo

Antonio Rezza e Flavia Mastrella. Una ditta in opposizione alla cultura ufficiale. Un performer (Rezza) e una regista scenografa (Mastrella) che insieme danno origine a un mostro - nel senso di fenomenale eccezione - artistico che attrae e spaventa. «Facciamo guerra all'estetica contemporanea», dice Antonio. E Flavia: «Le persone che vengono a vederci respirano aria libera, scoprono che la fantasia ce la fa».

Raccontare i loro spettacoli, la loro arte tutta (si esprime anche in libri e film), è vano come disegnare una mappa affidabile dell'Impero, necessariamente estesa tal quale l'Impero, si legge in un racconto di Borges. Ma i seguaci di Rezza e Mastrella - a Milano sono un buon numero - trovano soddisfazione stasera al Carcano, dove va in scena, nella Milanesiana, lo spettacolo Anelante, transitato all'Elfo Puccini la stagione scorsa. Il titolo viene dal verbo «anelare», respirare con affanno, tendere a una meta, desiderare qualcosa che resta lontano ed è difficile raggiungere.

La locandina gioca con lo spettatore: si dice che è tratto da un testo «mai scritto» da Rezza, e «l'habitat» è di Mastrella. Scenografia sarebbe stato banale? «Siamo di fronte a una creazione artistica - risponde Mastrella - non a una cornice. L'anelante sta chiuso in un recinto, con la vita riempita di vuotezza». L'ardente desideroso è Rezza, con il viso affilato, le membra mobilissime, le sorprese dinamiche che travalicano le dimensioni, la sua logorrea «simile alla dissenteria», dice lui stesso.

Lo spettacolo è una sorta di parto, di presa di coscienza, di scoperta dell'assurdo che regola i destini. «I nostri primi nemici sono i direttori artistici dei teatri - dice in aperta polemica Antonio Rezza -. Se gli artisti devono vivere aspettando i finanziamenti, decisi dai burocrati che non hanno idea della creazione artistica, siamo davvero messi male».

Male quanto? «Basta vedere che cosa va all'estero del teatro italiano - aggiunge Flavia Mastrella -. Esportiamo quello che io chiamo il teatro-telegiornale: e non interessa a nessuno. La lirica, con i suoi finanziamenti, fa partita a sé».

Ma siete avanguardia o no? «Dire avanguardia è il trucco della retroguardia: chi non è bravo bolla come avanguardia quel che non capisce - dice Rezza -. L'Italia ha avuto avanguardie: il teatro futurista, Depero. Lezioni di cui si deve tenere conto. Ci sarà sempre un peggio e un meglio. La nostra epoca non è peggiore di altre».

E la Rete, non ha cambiato tutto? «I difetti degli anni '80, con il web, si sono amplificati. Internet è diventato una forma di violenza - dice Mastrella -. Io dalla Rete sono sparita, qualcuno mi ha cancellato». Non indaghiamo su questa cancellazione, potrebbe essere una provocazione artistica, visto che sul web tracce di Mastrella ci sono, eccome. «Andremo a New York, con il nostro spettacolo Pitecus, in un teatro di ricerca», dicono i due artisti. Vanitosi, come vuole il tema della Milanesiana 2016. Sicuri di essere mosche bianche in un cielo culturale con più ombre che luci.

Non fosse che per dir loro «vi sbagliate», meritano di essere seguiti.

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