Cronaca locale

Alla Casa Museo i gioielli italiani che hanno fatto storia

Pamela Dell'Orto

Quella volta che Elizabeth Taylor, dopo aver girato «Torna a casa Lessie», comprò il suo primo gioiello per la mamma (una spilla con un bouquet di fiori) senza sapere che poi ne avrebbe ricevuti in regalo a centinaia da mariti e ammiratori, Richard Burton in primis. E senza sapere che sarebbe diventata una fra le collezioniste di gioielli più in vista di «quel mondo che nel 900 si chiamava cafè society. Persone unite dall'amore per il bello, l'arte, il lusso e la gioielleria. In quel mondo c'erano molte donne che non indossavano mai i gioielli, ma li collezionavano soltanto, e altre come la Duchessa di Windsor, Maria Callas e Mahan di Barosa che hanno avuto la fortuna di indossarli e cambiarne tanti». I segreti delle più grandi collezioniste di gioielli del XX secolo sono stati svelati da Gislain Aucremanne e Marie-Laure Cassius-Duranton, professori de L'École des Arts Joailliers di Van Cleef & Arpels durante un incontro al Museo Poldi Pezzoli, di cui la maison francese è sostenitrice. La prima di una serie di conferenze dedicate ai gioielli nella casa-museo di via Manzoni, dove fino al 20 marzo va in scena la mostra «Il gioiello italiano del XX secolo». La retrospettiva racconta le tappe più importanti della gioielleria italiana attraverso 150 opere. Un pezzo di storia fatta di tiare e diademi, anelli e bracciali, spille e orecchini, tutti pezzi preziosi realizzati dai grandi nomi dell'oreficeria italiana. Da Mario e Gianmaria Buccellati a Cusi, dal neoarcheologismo di Codognato fino ai primi esperimenti di Giò e Arnaldo Pomodoro. Ammirando tanti capolavori si scoprono chicche come i primi orologi da polso femminili nati negli anni 20, simbolo dell'emancipazione delle donne che iniziarono a tagliarsi i capelli à la garçonne. O i gioielli trasformabili degli anni 30, quando i bracciali si univano a formare collane, gli orecchini diventavano spille. Fino ai pezzi più «facili», quelli da portare da mattina a sera prodotti «in massa» negli anni 80 e 90. E alle magnifiche parure create per le prime della Scala, dove cantò anche Maria Callas.

Che, come ricordano i maestri di Van Cleef, in un'intervista dichiarò: «Tutto quello che Onassis sa delle donne, l'ha letto su un catalogo di Van Cleef».

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